Piero Ciottoli

L’articolo 1123 del codice civile stabilisce che le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno (millesimi di proprietà). La norma può essere derogata solo dall’unanimità dei condomini.

Qualora si tratti, invece, di corrispettivi per interventi destinati a poter servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne: tuttavia, anche in questo caso, ad esempio in tema di rinuncia o distacco dall’impianto di riscaldamento centralizzato, sarebbe valida la clausola del regolamento condominiale che ponesse, a carico del condomino rinunciante o distaccatosi, l’obbligo di contribuzione alle spese per il relativo uso in aggiunta a quelle, comunque dovute, per la sua conservazione.

La Cassazione civile (sentenza 20136/2017) ha stabilito che qualsiasi iniziativa contrattuale dell’amministratore necessita di una preventiva o successiva ratifica dell’assemblea.

Il condomino che voglia contestare la ripartizione delle spese condominiali in base ai millesimi in quanto riferite ad interventi su impianti o parti comuni destinati a servire i condomini in misura diversa da quella proporzionale deve necessariamente impugnare in Tribunale la delibera assembleare che pone a carico dei condomini la spesa in base ai millesimi, affidarsi ad un avvocato e ad un consulente tecnico di parte che stabilisca che le spese in questione devono essere ripartite in proporzione dell’uso che ciascun condomino può farne (e non in base ai millesimi di proprietà).

Il condomino che voglia contestare all’amministratore le spese derivanti dall’affidamento ad incarichi di consulenza a professionisti senza la preventiva o successiva approvazione da parte dell’assemblea, deve necessariamente citare in tribunale l’amministratore.


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