Tullio Solinas

Evidentemente l’INPS, dopo essersi accorta di aver erogato un importo NASpI superiore a quello dovuto, ha richiesto ad Agenza Delle Entrate Riscossione di recuperare la quota di indennità di disoccupazione corrisposta al disoccupato nel periodo gennaio-ottobre 2020 e non dovuta in virtù del fatto che egli risultava contemporaneamente percettore di un Assegno Ordinario di Invalidità (AOI).

E’ irrilevante che lei abbia dichiarato, al momento della domanda NASpI, di percepire l’assegno di invalidità e che l’errore della maggiore erogazione sia imputabile esclusivamente all’INPS: il fatto è che l’importo percepito dal disoccupato, e non dovuto, deve essere restituito e su questo non ci piove.

L’articolo 48 bis (disposizioni sui pagamenti delle pubbliche amministrazioni) del DPR 602/1973 (disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) prevede che la Pubblica Amministrazione (nella fattispecie l’INPS) prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a cinquemila euro, deve verificare se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di rimborso di un qualsiasi debito verso la Pubblica Amministrazione (PA) per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, deve non procedere al pagamento e segnalare la circostanza all’agente della riscossione (Agenzia Delle Entrate Riscossione o ADER) competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.

Il problema è questo: con una pratica molto ai limiti della legittimità, INPS e ADER pignorano, se c’è capienza, l’intero credito vantato nei confronti del debitore disoccupato, quando, ai sensi dell’articolo 545 del codice di procedura civile dovrebbero limitare il prelievo al quinto della somma spettante al debitore disoccupato che ha avuto la malsana idea di chiedere l’anticipo NAspI. L’indennità di disoccupazione, infatti, corrisposta in rate mensili o in un’unica soluzione è evidentemente assimilabile ad un credito da lavoro dipendente.

Il medesimo malcostume si verifica anche quando, in fase di prima liquidazione della pensione, per ritardi burocratici nell’esame della pratica esclusivamente riconducibili alle cattive performances della PA, si accumulano arretrati pensionistici: il pensionato, qualora risulti debitore nei confronti della pubblica amministrazione si vede detratto dalla liquidazione dell’arretrato, l’intero ammontare del debito a suo carico, e non il massimo del 20% che verrebbe applicato al rateo mensile se non ci fossero stati ritardi nell’erogazione della pensione. Anche qui siamo di fronte ad una palese violazione del diritto sostanziale codificato dall’articolo 545 del codice di procedura civile per i crediti da lavoro.

L’unico rimedio efficace, per contestare la pratica vessatoria, e a nostro parere illegittima, messa in atto da INPS e ADER, è quello di rivolgersi ad un avvocato (meglio se attraverso un sindacato presente sul territorio) per ricorrere, tempestivamente, al giudice dell’esecuzione presso il tribunale competente ai sensi dell’articolo 615 del codice di procedura civile, allo scopo di chiedere la limitazione del pignoramento della NASpI anticipata al 20% dell’importo liquidato, così come stabilito dall’articolo 545 del codice di procedura civile.

INPS e ADER contano proprio sul fatto che il debitore disoccupato, rassegnato e intimorito dalla possibilità di dover sborsare inutilmente altri soldi per ottenere la necessaria assistenza tecnico legale, eviti di ricorrere al giudice.


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