L’articolo 4 (sanzioni e controlli) del decreto legge 19/2020 stabilisce al comma 3 che si applicano, per quanto non stabilito dal presente articolo, le disposizioni di cui alla legge 689/1981. L’articolo 14 (contestazione e notificazione) della norma appena citata sancisce che la violazione, quando é possibile, deve essere contestata immediatamente al trasgressore. In ogni caso, i motivi, eventualmente ostativi alla contestazione immediata, devono essere dettagliatamente riportati nel verbale di accertamento.
Una volta notificato il verbale, la relativa sanzione amministrativa va pagata entro 60 giorni dalla data di notifica: l’opposizione alla sanzione amministrativa, trattandosi di accertamento delle violazione effettuato dai Carabinieri, va proposta, sempre entro 60 giorni dalla data di notifica, innanzi al Prefetto.
Tuttavia, in caso di rigetto del ricorso (quasi certo in quanto il Prefetto non è un giudice terzo, ma rappresenta la controparte), può essere presentato ricorso al Giudice di Pace territorialmente competente entro 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza prefettizia di ingiunzione al pagamento della sanzione.
Come accennato, nel verbale redatto dal maresciallo dei Carabinieri dovrebbe essere specificato il motivo per cui non sia stato possibile contestare immediatamente la violazione ai trasgressori. Su questa base potrebbe essere impostato il ricorso al Giudice di pace territorialmente competente, da presentare entro 30 giorni dalla notifica del rigetto dell’istanza di annullamento del verbale di accertamento da parte del Prefetto per evidenti vizi di notifica.
Probabilmente, se non già trascritto nel verbale di accertamento, l’agente sosterrà innanzi al Giudice di Pace che, al momento dell’accertamento dell’infrazione, egli non disponeva dei moduli necessari per verbalizzare la violazione. Questa procedura, tuttavia, non è ammissibile, in quanto, secondo la normativa vigente, il maresciallo avrebbe dovuto allertare immediatamente le forze dell’ordine in servizio (Carabinieri, polizia municipale o di Stato, eccetera) affinché contestassero la violazione e redigessero il verbale notificandolo immediatamente ai trasgressori (comportamento che, per inciso, il maresciallo avrebbe dovuto tenere per interrompere l’assembramento formatosi nel corso della festa organizzata dai minorenni nei pressi della di lui abitazione).
In veste di avvocato del diavolo presumo che il maresciallo addurrà, per motivare l’omessa contestazione immediata, che i trasgressori, dopo aver fornito le proprie generalità, si siano dileguati e che quindi sarebbe stato inutile allertare le forze dell’ordine. In tale evenienza, qualora il giudice si dimostrasse propenso ad accogliere questa tesi, per smentire quanto asserito dal sottufficiale dei carabinieri, si dovrà procedere con querela di falso, con il necessario supporto tecnico di un avvocato e le testimonianze di quanti (non sanzionati) furono presenti all’evento.
Per finire una precisazione: la mascherina non potrebbe essere indossata in un luogo pubblico (pubblica piazza o pubblica via da non confondere con gli esercizi pubblici, che sono luoghi privati aperti al pubblico), dove il cittadino deve girare a volto scoperto. L’utilizzo della mascherina è imposto da un DPCM (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) o da leggi regionali che hanno il rango di decreti amministrativi (inferiore, dunque, ad un decreto legge). Ed infatti, chi era seduto sulla panchina è stato multato per assembramento o inosservanza della distanza interpersonale, non perché portasse la mascherina abbassata.
Per visualizzare l'intera discussione, completa di domanda e risposta, clicca qui.