Annapaola Ferri

Dimostrando il possesso di un reddito da pensione di invalidità di due mila euro lordi, il creditore capisce che potrebbe comunque rientrare del finanziamento concesso (anche se in termini temporali più lunghi), in caso di inadempimento nel rimborso del prestito da parte del debitore, con un prelievo mensile da pignoramento pari al quinto della pensione netta, eccedente il cosiddetto minimo vitale.

E, comunque, con una pensione lorda di duemila euro un soggetto proprietario della casa di abitazione, frugale negli stili di vita, senza troppe persone a carico fiscale (moglie e figli) o, comunque, con familiari a carico altrettanto frugali e/o senza troppe esigenze voluttuarie, riesce comunque a servire il prestito ottenuto con rate che potrebbero anche sfiorare la metà del rateo netto di pensione.

Senza considerare il fatto che il richiedente il prestito potrebbe percepire ulteriori redditi da locazione o finanziari.

Certo, una valutazione veramente completa della sostenibilità delle rate mensili a carico del debitore presupporrebbe l’analisi globale della situazione economico-reddituale dei conviventi e quindi l’esibizione dello stato di famiglia e delle dichiarazioni dei redditi dei familiari del richiedente il prestito. Ma, messa così la cosa, ci sarebbe forse qualche problema in tema di violazione del diritto alla privacy degli altri componenti la famiglia anagrafica del richiedente.

Per quanto riguarda, infine, la verifica sulla simultaneità dei prestiti concessi allo stesso soggetto, bisogna sempre ricordare che non tutte le finanziarie contribuiscono volontariamente ad alimentare le Centrali Rischi private (quali CRIF, CTC, Experian, Assilea) mentre per quel che attiene la Centrale Rischi (CR) pubblica della Banca d’Italia le segnalazioni possono riguardare esclusivamente prestiti di importo superiore o uguale ai 30 mila euro o dichiarati in sofferenza anche per importi minori. Inoltre, sono obbligati a censire i dati dei propri clienti in CR, solo gli intermediari vigilati dalla Banca d’Italia e non tutti quelli abilitati ad operare nel settore dei prestiti ai consumatori.

In altre parole, mentre è abbastanza semplice individuare criteri oggettivi per negare un prestito a chi ha un merito creditizio (credit score) insufficiente (ad esempio in ragione di un contratto di lavoro a tempo determinato o di inadempimenti già conclamatisi negli ultimi 36 mesi), non è facile rifiutare l’accesso al credito a soggetti (come lei) che percepiscono un reddito da pensione e che, pur avendo contratto più obbligazioni, hanno sempre onorato le rate in scadenza.

Sia come sia, nella fattispecie, qualora tutti i creditori adissero il giudice per ottenere il rimborso coattivo del prestito erogato, solo un prelievo potrebbe essere operato sul rateo mensile per un importo pari al 20% della pensione netta eccedente il minimo vitale.

Poichè il minimo vitale è pari a circa 690 euro (per il 2020), assumendo che la pensione netta sia di 1.700 euro, il massimo prelevabile mensilmente per servire tutti i debiti accumulati di natura ordinaria, arriverebbe a circa 200 euro.

E’ evidente allora – per rispondere nel merito alla domanda sul mancato obbligo di vigilanza e valutazione oggi esistente nell’erogazione di prestiti che determinano un eccessivo peso mensile delle rate di rimborso a carico del debitore – che il rischio è quasi esclusivamente posto sulle spalle dei prestatori, se per 100 prestiti erogati solo uno può essere man mano escusso coattivamente per via giudiziale.


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