Tullio Solinas

Molti dati e tante precisazioni utili, ma forse manca (o almeno non risulta a noi chiara) l’informazione essenziale, ovvero l’importo dello stipendio netto, che non è quello accreditato in banca ma è la retribuzione al netto degli oneri fiscali e contributivi dovuti, tuttavia comprensiva della ritenuta alla fonte ex articolo 156 del codice civile (alimenti per coniuge separato o divorziato e figli), nonché delle rate di rimborso dei prestiti per cessione del quinto e per delega.

Tanto premesso, diciamo subito che due sono gli elementi normativi da seguire per capire a cosa si va incontro risultando inadempienti agli obblighi assunti per debiti di natura ordinaria (banche, finanziarie, obblighi derivanti da sentenza) disponendo di uno stipendio da lavoratore dipendente.

Entrambi gli elementi si fondano sull’articolo 545 del codice di procedura civile: il primo è che lo stipendio netto può essere pignorato, per crediti di natura ordinaria, per il 20% al massimo (un quinto).

Il secondo è che trattenute in busta paga per pignoramenti e per cessione del quinto (attenzione, nella limitazione rientra solo la cessione, non la rata di rimborso del prestito delega) non possono eccedere, insieme, il 50% dello stipendio netto. In effetti, per i dipendenti dello Stato varrebbe l’equiparazione, in termini di coesistenza e pignorabilità relativa, fra cessione del quinto e prestito delega solo se, quest’ultimo fosse un prestito finalizzato al pagamento delle quote del prezzo o della pigione afferenti ad alloggi popolari od economici costruiti in conformità alle disposizioni sulla normativa edilizia popolare ed economica – articolo 58 dpr 180/1950). Altrimenti il prestito delega si riduce ad un semplice prestito personale con garanzia e obbligo di pagamento rimesso al datore di lavoro nonché con eventuale vincolo sul Trattamento di Fine Rapporto in caso di dimissioni o licenziamento del debitore.

Nel caso che stiamo esaminando, due sono le complicazioni che generano incertezza: la prima risiede nel fatto che quando i giudici decidono sull’istanza di pignoramento del creditore procedente, nel valutare la quota della busta paga già impegnata per pignoramenti antecedenti dello stipendio e per cessione del quinto (al fine di verificare l’impignorabilità del 50% stipendiale, così come stabilito dal citato articolo del codice di procedura civile) non sono legittimati, per legge, a tener conto anche delle trattenute dirette ex articolo 156 del codice civile (o ex articolo 8 legge 898/1970) che non sono pignoramenti. Alcuni tribunali, tuttavia, per ragioni di giustizia e di equità ne tengono conto, interpretando estensivamente l’articolo 545 del codice di procedura civile.

La seconda complicazione risiede nel fatto che anche per la rata del prestito delega vale il medesimo discorso: tutto dipende dal giudice, o meglio, dalle linee guida stabilite dal presidente del tribunale territorialmente competente: i giudici interpretano la legge in modo restrittivo o estensivo come meglio credono.

Pertanto, per fissare uno scenario nella peggiore delle ipotesi, considerando, ad esempio, uno stipendio netto di 1.500 euro, una rata mensile di rimborso del prestito dietro cessione del quinto di 300 euro, una rata mensile di rimborso del prestito delega pari a 300 euro, una trattenuta diretta mensile per rimborso del credito alimentare dovuto di 500 euro, la banca creditrice insoddisfatta procedente otterrà dal giudice adito altri 300 euro e al debitore sottoposto ad azione esecutiva resteranno in busta paga solo 100 euro per vivere e sostenere le proprie spese.

Altra questione controversa: il datore di lavoro, nel caso in esame, sta accantonando meno del 20% della retribuzione netta e ha sospeso, arbitrariamente, il rimborso del prestito delega. Evidentemente sta applicando un trattamento di estremo favore al proprio dipendente e potrebbe essere chiamato, da un avvocato dei creditori insoddisfatti, appena determinato e accorto, a rispondere personalmente della arbitraria condotta messa illegittimamente in atto. Infatti, in punto di diritto, il datore di lavoro avrebbe dovuto continuare a corrispondere il rimborso del prestito delega nella misura del 20% dello stipendio netto senza tener conto, nella verifica dell’impignorabilità del 50% retributivo, sia del prestito delega (che non va considerato come una cessione del quinto), sia della ritenuta diretta (che non è un pignoramento). Accantonando, altresì, non meno del 20% della busta paga a favore della prossima assegnazione al creditore pignorante. In pratica, se il giudice assegnerà al creditore procedente il 20% della busta paga netta, escludendo ritenuta diretta e prestito delega dai benefici di relativa impignorabilità delle voci stipendiali (assimilandoli cioè ad obblighi esterni assunti dal debitore e non tutelati dall’articolo 545 del codice di procedura civile) i soldi mancanti dovranno essere recuperati a spese del debitore, ma versati immediatamente dal datore di lavoro, cattivo custode.

Infine, per quanto attiene il Trattamento di Fine Rapporto, il problema, per fortuna, si sposta al momento delle dimissioni del dipendente debitore o del suo licenziamento. In tale occasione, gli importi residui dei prestiti per cessione del quinto e per delega andranno soddisfatti nella misura dipendente dalla priorità e dalla entità del vincolo apposto al momento della sottoscrizione dei rispettivi contratti. Se rimane qualcosa, un quinto (e solo un quinto del TFR già falcidiato) andrebbe al creditore che ha in corso il pignoramento.

Altra risposta, ma stavolta certa, alle domande da lei poste riguarda il prestito delega in corso e l’accantonamento del pignoramento già notificato ed in attesa di assegnazione: se il creditore si vedrà leso dal comportamento del datore di lavoro agirà per risarcimento danni nei confronti di questi.

In riferimento alle minacce di chi ha erogato il prestito delega, ad esempio, sarà inutile muoversi contro il debitore con azione esecutiva di ulteriore pignoramento della sua retribuzione se il debitore ha già in corso una procedura di pignoramento dello stipendio con trattenuta del 20% (articolo 545 del codice di procedura civile). Al più, il creditore dovrà accontentarsi di pignorare il conto corrente o un immobile del debitore, se quest’ultimo ne dispone.

Considerazione finale: la sua situazione è quella tipica che può essere risolta solo con l’intervento del giudice del sovraindebitamento ex legge 3/2012, tuttavia non dovrà attendersi miracoli. Il giudice non potrà in alcun modo intervenire riducendo l’importo e dilatando i tempi di rimborso del credito alimentare vantato e soddisfatto con ritenuta diretta (ex articolo 156 codice civile o ex articolo 8 legge divorzio 898/1970). Infatti, il giudice del sovraindebitamento non ha giurisdizione sui crediti alimentari. Potrà, al massimo, ridurre la rata del pignoramento in corso nonché quelle dovute per cessione del quinto e per il prestito delega, facendo in modo di residuare al debitore sovraindebitato quello che ritiene essere il minimo per la sussistenza (e così salverà anche il datore di lavoro da un’azione giudiziale per risarcimento danni riconducibile ad illegittima sospensione del piano di rimborso del prestito delega).


Per visualizzare l'intera discussione, completa di domanda e risposta, clicca qui.