Patrizio Oliva

La campagna di rottamazione è cominciata nelle scorse settimane con il via libera, dal 1° gennaio di quest’anno (e dal 18 dicembre del 2019 al bonus rottamazione previsto dalla Legge di bilancio per acquistare o un nuovo televisore o un decoder) alla transizione alla nuova tecnologia per la trasmissione dei canali digitali televisivi.

Una transizione che durerà fino alla fine di giugno 2022, quando sarà definitivamente spento il vecchio segnale, e durante la quale cambierà la modalità tecnica con la quale vengono inviati e ricevuti tutti i programmi televisivi.

Un cambiamento dovuto al fatto che, in base alle direttive europee recepite anche dal nostro Paese, alcune sequenze – quelle intorno ai 700Mhz – sono, come si dice in gergo, «migrate» per fare spazio al segnale 5G, quello sempre più veloce utilizzato dagli smartphone di nuova generazione per le comunicazioni mobili e la cui concessione, attraverso una maxi asta, ha fruttato allo Stato circa 6 miliardi.

Il passaggio, come detto, sarà graduale dato che se avvenisse oggi si è calcolato che quasi otto famiglie su dieci avrebbero problemi nella ricezione dei canali con il nuovo standard DVB T2 che prenderà il posto dell’attuale DVBT1.

Il vecchio segnale digitale verrà spento definitivamente dal 1° settembre al 31 dicembre 2021 in Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e le province di Trento e Bolzano.

Dal 1° gennaio al 31 marzo 2022 in Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania e Sardegna e quindi dal 1° aprile al 30 giugno 2022 nelle restanti Regioni.

Nella prima fase del passaggio i canali del digitale terrestre abbandoneranno il formato video MPEG-2 per usare l’MPEG-4 (quello impiegato oggi solo dai canali HD, quelli che si trovano dal 500 in su).

La transazione definitiva invece comporterà l’introduzione del nuovo formato video HEVC abbinato allo standard DVBT2.

Almeno dieci milioni di televisori si stima che non saranno in grado di ricevere il nuovo segnale e andrebbero cambiati oppure dotati di un decoder con tutte le complessità che questo ha già comportato per il passaggio dall’analogico al digitale: utilizzo di due telecomandi, complessità della selezione dell’ingresso esterno, cavi in vista e lo spazio da destinare alla scatoletta.

Ma soprattutto bisognerà mettere mano al portafogli per quella che sarà l’ennesima stangata» a carico delle famiglie, di nuovo costrette a dover sborsare soldi.

Con una spesa media di circa 300 euro.

E il contributo stanziato dal governo per sostenere le famiglie economicamente più deboli (un fondo di 151 milioni ad esaurimento pari a un bonus fino a 50 euro per chi i nuclei familiari con un reddito Isee fino a 20mila euro all’anno) per l’acquisto o di un nuovo apparecchio televisivo o di un decoder (già in commercio con prezzi a partire da 30-35 euro) non sembra proprio in grado di coprire tutte le spese.

Comunque, Tv, cellulari, ma anche robot da cucina, tostapane, forni a microonde, computer, modem, pennette USB, frigoriferi, lavatrici e altri elettrodomestici non sono spazzatura qualsiasi, ma sono RAEE, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, cioè rifiuti speciali il cui conferimento è regolamentato dalla legge (per l’Italia dal Decreto Legislativo 151 del 2005). Parliamo di oltre 1 milione di tonnellate di RAEE prodotte all’anno nel nostro Paese, quasi 18 kg per abitante.

Per i rifiuti elettronici è prevista una raccolta differenziata.

Bisogna quindi portarli in una delle oltre 3.600 isole ecologiche comunali attrezzate per lo smaltimento dei RAEE.

Da questi centri di raccolta i rifiuti vengono poi inviati a impianti di trattamento che evitano la dispersione di sostanze inquinanti e permettono il riciclo delle materie prime.


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