Annapaola Ferri

Per la formazione del testamento olografo pubblico è richiesta la presenza del testatore, di un notaio e di due testimoni. Punto.

L’eventuale firma apposta dai coeredi (rectius dei futuri chiamati all’eredità) a margine dell’atto notarile evita al notaio l’obbligo di notificare ai chiamati eredi e ai legatari firmatari, di cui conosce il domicilio o la residenza, il contenuto dell’atto appena gli è nota la morte del testatore, ai sensi dell’articolo 623 del codice civile.

Si ricorda a tale proposito che, comunque, non incombe sul notaio l’obbligo di ricercare gli eredi e i legatari di cui non conosca la residenza o il recapito.

Dunque, la firma del soggetto, futuro coerede, a margine dell’atto notarile pubblico ha valore solo di conoscenza (il notaio non deve notificare il testamento al coerede in occasione della morte del de cuius), ma non di acquiescenza.

Peraltro, è solo al momento dell’apertura di una successione (dopo la morte del testatore), che tutti coloro che sono chiamati all’eredità, hanno la possibilità di accettare o rinunciare. E solo in seguito all’accettazione si acquisisce la qualifica di erede. Quindi, la sottoscrizione del documento notarile non può comportare l’accettazione, nè tanto meno compromettere una eventuale successiva azione giudiziale di riduzione al soggetto firmatario che, divenuto erede si ritiene leso nella quota di legittima spettante.

Tutto ciò senza dover accennare all’articolo 458 del codice civile, in base al quale sarebbe nullo ogni atto col quale taluno dispone dei diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta, o rinunzia ai medesimi.


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