Marzia Ciunfrini

La giurisprudenza di legittimità è unanimemente concorde nell’affermare che la comunione legale fra i coniugi, di cui all’articolo 177 del codice civile, riguarda gli acquisti non quindi i diritti di credito sorti dal contratto concluso da uno dei coniugi, i quali, per la loro stessa natura relativa e personale, pur se strumentali all’acquisizione di un immobile, non sono suscettibili di cadere in comunione (per ultima, Corte di cassazione sentenza 11504/2016).

Quindi non può accampare diritti sull’acquisto dell’immobile avvenuto in epoca successiva alla cessazione del regime di comunione legale.

In tal senso si veda anche Cassazione sentenza 13570/2018, secondo cui in tema di assegnazione di alloggi di cooperative edilizie a contributo statale, il momento determinativo dell’acquisto della titolarità dell’immobile da parte del singolo socio, onde stabilire se il bene ricada, o meno, nella comunione legale tra coniugi, è quello della stipula del contratto di trasferimento del diritto di proprietà (contestuale alla convenzione di mutuo individuale), poiché solo con la conclusione del trasferimento di proprietà il socio acquista, irrevocabilmente, la piena proprietà dell’alloggio (assumendo, nel contempo, la veste di mutuatario dell’ente erogatore), mentre la semplice qualità di socio, e la correlata prenotazione in tale veste, dell’alloggio, si pongono come vicende riconducibili soltanto a diritti di credito nei confronti della cooperativa, inidonei, come tali, a formare oggetto della comunione legale familiare.


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