Giorgio Martini

Se non pagasse più le cartelle esattoriali, quelle rateizzate, quelle rottamate e quelle che verranno, dal conto corrente cointestato (dove viene accreditata la pensione) potrà essere prelevato il 50% del saldo al netto di mille e 374 euro che devono essere, comunque, lasciate disponibili al debitore sottoposto ad azione esecutiva.

Ma, come sempre consigliamo a tutti – per evitare problemi, con la conseguente esigenza di dover ricorrere al giudice delle esecuzione (con il supporto di un avvocato a cui pagare la parcella) per porre rimedio a pignoramenti, non conformi alla normativa vigente (sempre possibili da parte di Agenzia delle Entrate Riscossione) che potrebbero danneggiare, oltre il dovuto, il cointestatario – il conto corrente del debitore dovrebbe essere intestato a lui soltanto (non cointestato) ed utilizzato esclusivamente per l’accredito della pensione.

Inoltre, ad ogni accredito mensile, il rateo dovrebbe essere immediatamente trasferito su un conto corrente intestato a persona di fiducia, senza lasciare, in pratica, giacenze sul conto corrente del pensionato debitore.

La stessa pensione potrà essere sottoposta alla fonte, presso INPS, a decurtazione mensile del 20% del rateo eccedente il minimo vitale per tutto il tempo necessario a rimborsare il debito complessivo accumulato nei confronti della Pubblica Amministrazione (Inps, Agenzia delle Entrate, Comuni e Regioni), con le cartelle esattoriali.

Per farla breve, dal momento che il minimo vitale per il 2019 è pari a 687 euro (una volta e mezza l’importo massimo dell’assegno sociale), se lei non pagasse più un centesimo per le cartelle esattoriali a carico, le verrebbe prelevato mensilmente dall’INPS il 20% di (1.400 – 687) euro, cioè una somma di 142,6 euro.


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