Giovanni Napoletano

Sempre più spesso i nuovi smartphone, pagati a caro prezzo, presentano un qualche tipo di certificazione IP e vengono venduti come impermeabili: ma ciò non vuol affatto dire che resistono all’acqua, e che se il dispositivo si bagna non ci saranno problemi.

Infatti, nonostante i produttori mostrino pubblicità in cui gli smartphone vengono utilizzati sotto l’acqua (questa qui su è di Samsung, che proprio per questa ragione sta affrontando in tribunale il garante australiano), la realtà è che dopo il primo giorno, nessuno può davvero assicurare che un dispositivo resista correttamente ai liquidi (e alla relativa corrosione).

Che poi è il motivo per cui, a prescindere dalle certificazioni IP, le garanzie non coprono i danni da liquidi.

In breve, nella maggior parte dei casi l’impermeabilità dei componenti interni viene garantita da uno strato di adesivo: la colla crea una vera e propria guarnizione intorno ai componenti, che sono così protetti da acqua e aria, e di conseguenza dal rischio di corrosione. Questo, però, è vero solo finché il dispositivo è nuovo.

Con il tempo, c’è un gran numero di fattori che può danneggiare questo strato di adesivo e, in caso di rottura della “guarnizione” il componente che si trova al suo interno non è più protetto da liquidi.

Dunque, dopo un anno o due, tutti gli smartphone hanno probabilmente perso la loro capacità di respingere i liquidi.

Per questa ragione, se state portando il vostro dispositivo in piscina o al mare e volete esser certi che non entri in contatto con liquidi, dotarvi di una custodia di questo tipo non è una cattiva idea (certo, sono brutte, ma almeno impediscono davvero che l’acqua tocchi i componenti).

Comunque, qualora lo smartphone fosse ancora in garanzia al momento del danno, è possibile la riparazione gratuita.


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