Dal giorno in cui gli è stato notificato l’atto di pignoramento, il datore di lavoro è soggetto, relativamente alle somme da lui dovute e nei limiti dell’importo del credito precettato aumentato della metà, agli obblighi che la legge impone al custode (articolo 546 del codice di procedura civile).
Quindi, nessun illecito arricchimento può essere contestato al datore di lavoro che trattiene i prelievi operati sulla busta paga del dipendente debitore, per gli interessi eventualmente maturati nel tempo intercorrente fra la data di notifica del pignoramento verso terzi a quella di assegnazione disposta dal giudice.
Per quanto attiene il tasso di interesse indicato nel decreto ingiuntivo come applicabile all’importo accertato a debito, la sede naturale di contestazione sarebbe stata quella di opposizione al decreto ingiuntivo che l’ingiunto avrebbe dovuto esperire entro 40 giorni dalla notifica dell’ingiunzione.
Per quanto riguarda, infine, la presunta illegalità del tasso di interesse applicato in corso di pignoramento, secondo la sentenza 24675/2017 della Corte di cassazione a sezioni unite, va negata la configurabilità dell’usura sopravvenuta dal momento che è priva di qualsiasi fondamento la tesi della illiceità della pretesa del pagamento di interessi a un tasso che, pur non essendo superiore, alla data della pattuizione (accoglimento del ricorso per decreto ingiuntivo, non opposto dalla controparte) alla soglia dell’usura definita con il procedimento previsto dalla legge 108/1996 (disposizioni in materia di usura), superi tuttavia tale soglia al momento della maturazione o del pagamento degli interessi stessi.
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