Simonetta Folliero

La risposta è parzialmente affermativa: gli eredi sono comunque tenuti al pagamento, pro quota, dello scoperto di conto corrente del de cuius esistente al momento della morte.

Per quanto riguarda, invece, le spese di gestione del conto corrente, che si temono dovute dopo il decesso dell’intestatario e fino allo scioglimento della comunione ereditaria con l’individuazione degli eredi a cui spettano pro quota attività e passività del conto corrente (fintanto che la comunione non si sciolga mediante una disposizione congiuntamente impartita da tutti i coeredi ovvero mediante un provvedimento giudiziale), c’è da dire che il rapporto di conto corrente intestato esclusivamente al defunto, in quanto riconducibile ad un rapporto di mandato, si estingue ex articolo 1722 del codice civile, con la morte del mandante (cioè del titolare).

Infatti, sebbene la normativa concernente il conto corrente bancario non specifichi gli effetti conseguenti al decesso del titolare, tuttavia, la dottrina e la giurisprudenza prevalenti vedono nel conto corrente bancario un unico contratto innominato misto, con prevalenza delle prestazioni tipiche del contratto di mandato.

La morte del mandante, pertanto, costituisce una delle cause di estinzione del mandato e, quindi, a seguito della morte del titolare il conto corrente si estingue.

Conseguentemente, cessato il rapporto di conto corrente a partire dalla data di decesso del de cuius (ovvero da quella in cui tale decesso sia stato comunicato), la banca deve astenersi dal compiere qualsiasi ulteriore operazione come, ad esempio, l’addebito delle rate del prestito concesso al defunto o l’esecuzione di RID.

Se a seguito dell’estinzione del rapporto residua un debito a carico del titolare defunto, questo comporta l’obbligo degli eredi di corrispondere alla banca quanto residua, mentre la banca ha l’obbligo di comunicare tempestivamente l’importo dovutole, affinché si possa procedere alla chiusura definitiva dei rapporti ancora pendenti.

Queste sono anche le considerazioni svolte dall’Arbitro Bancario Finanziario nella decisione 1931/2014.


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