Patrizio Oliva

Nella giornata di ieri, 20 Maggio 2019, una breaking news ha tuonato e riecheggiato in tutte le case del globo: dopo la decisione del governo USA, che la settimana scorsa ha inserito Huawei nella blacklist commerciale, anche Google ha annunciato la sospensione dei propri rapporti con il colosso cinese.

A complicare il quadro per Huawei la notizia che anche alcuni produttori di processori come Qualcomm e Intel non forniranno più i loro chip all’azienda cinese.

In molti si sono fatti prendere dal panico, chiedendosi cosa faranno ora con il proprio smartphone, magari pagato anche svariate centinaia di euro.

Nel pratico, bisogna sapere che Google ha ritirato la licenza commerciale per prodotti hardware, software e servizi (tra cui Android, Youtube, Playstore, Maps, Gmail, ecc).

Per la compagnia cinese, e per il brand HONOR, restano aperte le porte dell’AOSP, la versione open source di Android, ma diventa impossibile accedere ai servizi proprietari, come il Play Store, Gmail e molti altri.

Google si è affrettata a rassicurare i possessori di smartphone Huawei, garantendo per loro la possibilità di continuare ad accedere ai servizi, e anche Huawei ha confermato che continuerà a mantenere sicuri e aggiornati i propri dispositivi.

Dunque, chi è in possesso di uno smartphone Huawei, con l’Italia che svetta per le vendite di smartphone e tablet del colosso cinese, cosa rischia?

Sulla carta il decreto anti-Huawei sembra riguardare solo i prossimi smartphone in uscita e non quelli già disponibili sul mercato, che dovrebbero continuare a ricevere gli aggiornamenti di Google e del Play Store.

Tutto questo, però, preoccupa gli utenti e le associazioni dei consumatori non hanno certo intenzione di stare a guardare.

Roberto Tascini, presidente dell’ADOC (Associazione Difesa Orientamento Consumatori), esprime la propria preoccupazione, invitando Google e le istituzioni italiane ed europee a fare chiarezza sulla vicenda, al fine di garantire usabilità e aggiornamenti di sicurezza per i possessori di smartphone e tablet Huawei.

Dello stesso avviso è anche Codacons, che si prepara a scendere in campo a tutela degli italiani, senza escludere la possibilità di avviare una class action che porti un rimborso agli utenti che vedranno limitate le funzionalità dei propri smartphone a causa della decisione di Google.

Ma perché Google è stata così solerte nel recepire la direttiva dell’amministrazione Trump tagliando i ponti con Huawei?

La risposta va ricercata nei dubbi che il governo USA si sta ponendo nei confronti del colosso di Mountain View, diventato troppo potente nel campo dell’informazione e in grado di indirizzare l’opinione pubblica “manipolando” in qualche modo le notizie.

Ecco dunque che la rapida risposta di Google potrebbe nascondere la voglia di “fare bella impressione” su Trump per allontanare qualsiasi sospetto, anche a costo di mancati guadagni derivanti dalla perdita di un partner commerciale che distribuisce ormai oltre 200 milioni di smartphone in tutto il mondo.


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