A questo punto, per uscire dal pasticcio che potrebbe costare ai tre coeredi anche una citazione in tribunale per risarcimento danni, qualora il compratore riuscisse a dimostrare che il prezzo di acquisto era stato concordato per l’immobile privo di vincoli ipotecari, i due coeredi non debitori possono pagare il debito del coerede debitore oppure concordare con l’acquirente la vendita dell’immobile all’importo precedentemente concordato, ma al netto del debito garantito da ipoteca.
E’ ovvio che al coerede debitore verrà assegnata una quota del ricavato dalla vendita dell’immobile calcolata sul prezzo iniziale d’acquisto e poi diminuita dell’importo a debito, e, qualora non vi fosse capienza, il debito residuo, non compensato dall’assegnazione del ricavato dalla vendita dell’immobile, resterà una questione interna da regolare fra i coeredi.
L’alternativa è chiedere lo scioglimento giudiziale della comunione: l’ipoteca iscritta resterà esclusivamente a carico della quota assegnata al coerede debitore, ma una tale soluzione complicherà, sicuramente, una possibile alienazione dell’immobile.
L’ipoteca iscritta sulla frazione ideale (o astratta) del partecipante debitore alla comunione (tipicamente quella ereditaria), infatti, produce effetto rispetto, esclusivamente, a quei beni o a quella porzione di beni che a lui verranno assegnati nella divisione (articolo 2825 del codice civile).
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