Escluse forme più sofisticate di gestione della problematica (quali trust o società con scatole cinesi all’estero – i cui costi noi non conosciamo e per le quali non saremmo in grado di fornire indicazioni utili) la soluzione classica più casareccia è quella di costituire una società a responsabilità limitata (il cui incarico di amministratore venga assegnato ad un soggetto terzo), oppure una società di persone in cui le quote sociali siano assegnate ad un soggetto terzo.
Il soggetto terzo potrebbe essere il coniuge divorziato, tenendo conto che per quanto attiene eventuali omessi versamenti delle future imposte dovute (sempre possibili, indipendentemente dalla volontà di voler adempiere), la giurisprudenza tributaria li ritiene riconducibili comunque, ad un ingiusto arricchimento per esigenze familiari, e quindi anche il coniuge non socio e non debitore, in separazione dei beni o in separazione giudiziale, potrebbe essere sottoposto ad escussione forzata.
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