Marzia Ciunfrini

I testamenti devono essere redatti con l’assistenza di un professionista (un notaio o un avvocato) e non si possono improvvisare (come nella fattispecie): un ipotetico testamento, così redatto, è impugnabile da uno qualsiasi dei legittimari ed è idoneo a scatenare una guerra legale di successione.

Se si decide di redarre testamento, nell’ipotesi di lasciare superstiti coniuge e due figli, si deve sapere che, per evitare problemi, la ripartizione dell’eredità deve prevedere 1/4 al coniuge e 1/4 a ciascuno dei due figli, mentre 1/4 (ma solo 1/4), che è la quota disponibile al testatore, si può lasciarla a chi si vuole.

Fare testamento, infatti, non significa poter lasciare ciò che ci pare a chi ci pare, ma poter disporre l’assegnazione dei beni ereditari in modo ordinato e secondo la propria volontà, ma sempre nei limiti delle quote di legittima, e consente, inoltre, di poter lasciare la quota disponibile (solo quella) a chi ci pare, anche al cane.

Il fatto che il testatore abbia già effettuato donazioni al figlio, non vuol dire nulla e non può designare erede universale sua figlia: dopo la sua morte, il figlio e la sua vedova potrebbero impugnare il testamento e chiedere la ripartizione dei beni lasciati alla figlia, in parti (quasi) uguali dell’eredità.

Oppure la figlia e la vedova potrebbero impugnare il testamento per chiedere la riduzione della donazione effettuata in vita al figlio. Con la collazione ciascuno dei legittimari (cioè coniuge e figli), deve conferire ai coeredi tutto ciò che ha ricevuto dal defunto per donazione direttamente o indirettamente (articolo 737 del codice civile).

Uno dei coeredi può chiedere di prendere visione degli estratti di conto corrente del defunto e tutti i trasferimenti di denaro, fatti in vita ai figli, sono assimilabili a donazioni devono essere conferiti, per equivalente fittizio, alla massa ereditaria per la divisione (peraltro questo tipo di donazioni sono nulle se gli importi non sono di modico valore – ma dottrina e giurisprudenza, come spesso accade, non hanno ancora stabilito cosa debba intendersi per modico valore).

Il diritto di abitazione nella casa coniugale spetta al coniuge superstite per diritto (de iure) e non per disposizione testamentaria (articolo 540 del codice civile – riserva a favore del coniuge). Ancora, si può nominare un legittimario erede universale solo quando non esistono legittimari, ovvero, quando non c’è un coniuge superstite e non ci sono figli (o nipoti, figli di figli premorti) superstiti, oppure ascendenti.

Andiamo adesso a vedere come, nel caso concreto, andrebbe ripartita l’eredità relitta (lasciata da de cuius).

La proprietà della casa di famiglia va divisa in queste quote: 25% al coniuge superstite, 25% alla figlia, 25% al figlio, 25% quota disponibile al de cuius. Interpretando le volontà del testatore è evidente che il suo 25% va assegnato alla figlia (che il testatore, senza aver consultato un notaio, avrebbe voluto nominare erede universale).

In definitiva per la casa di famiglia avremo: 25% coniuge superstite, 50% alla figlia, 25% al figlio.

Donazione effettuata in vita al figlio per 40 milioni di lire: il denaro donato va considerato secondo il suo valore nominale (Corte di cassazione sentenza 24755/2015). Allora dei 40 milioni di lire, il 25%, cioè 10 milioni, vanno al coniuge superstite, 10 milioni vanno al figlio, 10 milioni alla figlia e 10 milioni rientrano nella quota disponibile al de cuius. Interpretando la volontà del testatore che, a suo tempo, fece donazione al figlio, la ripartizione ereditaria è questa: 5 mila euro circa al coniuge superstite, 5 mila euro circa alla figlia, 10 mila euro al figlio. Ergo il figlio deve restituire 5 mila euro ciascuno a madre e sorella.

Questo, beninteso se il conto corrente era intestato esclusivamente al defunto oppure cointestato fra defunto e coniuge, qualora si dimostri che il conto fosse stato alimentato, nel tempo, con i soli redditi del defunto.

Qualora, invece, risulti che il conto corrente cointestato fosse alimentato in modo paritario fra i due cointestatari, allora la donazione si riduce a 20 milioni di lire (in pratica 20 milioni di lire risulterebbero donati dal defunto e 20 milioni dal coniuge superstite del defunto). In tale ipotesi toccherebbero 5 milioni al coniuge superstite, 5 milioni alla figlia, 5 milioni al figlio, 5 milioni nella disponibilità del de cuius.

Nell’ipotesi fatta di donazione del de cuius limitata a soli 20 milioni e interpretando la volontà del testatore (la donazione va lasciata al donatario nei limiti in cui non lede la legittima), 2.500 euro circa vanno al coniuge superstite, 2.500 euro circa alla figlia, 5 mila euro circa al figlio. Ergo il figlio dovrà restituire 2.500 euro ciascuno a madre e sorella.

E’ ovvio che se nessuno dei legittimari ha da eccepire qualcosa in sede giudiziale, i beni lasciati dal de cuius e le donazioni effettuate in vita possono anche essere ripartiti, rispettivamente, in base alle disposizioni (contro legge) contenute nel testamento e in base al principio, sempre valido, del chi ha avuto, ha avuto e chi ha dato, ha dato!.

Le spese di successione (imposta di registro, successione e catastale) per l’immobile, vanno ripartite secondo le quote ereditarie.


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