Annapaola Ferri

E’ quanto meno strana la circostanza asserita di un presunto pignoramento senza titolo avviato dal creditore procedente e non credo proprio che il giudice possa acconsentire ad una riduzione della quota pignorabile dello stipendio dietro richiesta di intercessione del debitore riconducibile a seppure documentate spese di pigione, e di prestiti tramite cessione volontaria o comunque ottenuti: se lo facesse, il creditore procedente avrebbe gioco facile nell’impugnare la minore assegnazione, rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, innanzi al giudice delle esecuzioni.

Un approccio di questo tipo, ove si documenta la spesa corrente e si chiede al giudice di fissare una rata di rimborso dei debiti compatibile con le proprie esigenze di vita può tenersi solo in un contesto di accesso giudiziale alla composizione delle crisi da sovraindebitamento attraverso le opzioni previste dalla legge 3/2012.

Il giudice adito potrà ridurre la quota pignorabile del debitore sottoposto ad azione esecutiva solo quando una eventuale rata di rimborso del prestito per cessione del quinto ed i prelievi riconducibili al pignoramento in corso e a quelli pregressi impegnassero per più del 50% la busta paga percepita dal debitore al netto degli oneri fiscali e contributivi; oppure dopo aver ricevuto il consenso scritto (come rinuncia alla quota stabilita dalla legge) da parte del creditore.

Appena il giudice avrà assegnato al creditore procedente la quota pignorabile dello stipendio (che non potrà differire dal 20% a nostro modesto giudizio in assenza di un atto di generosità del creditore), il datore di lavoro dovrà restituire al debitore esecutato le maggiori somme eventualmente accantonate negli ultimi quattordici mesi.


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