Roberto Petrella

In genere, una polizza vita a scopo previdenziale, per risultare impignorabile presso la Compagnia di assicurazione, deve avere durata fin quasi al raggiungimento dell’età pensionabile dell’assicurato debitore che la sottoscrive, con copertura dell’evento premorienza di quest’ultimo; una polizza vita a scopo previdenziale, per risultare impignorabile presso la Compagnia di assicurazione, deve prevedere, alla scadenza, il riscatto solo di una quota prefissata del capitale maturato, mentre il capitale residuo, non riscattato, nè riscattabile, deve garantire una rendita mensile. Il premio per una polizza vita a scopo previdenziale, e, dunque, impignorabile presso la compagine assicurativa, deve essere versato con cadenza periodica, mensile, semestrale o annuale. Indipendentemente dal tipo di obbligazione sottostante, la polizza vita a scopo previdenziale, per risultare impignorabile presso la Compagnia di assicurazione, deve garantire a fine corsa (a meno di fenomeni apocalittici) che il capitale maturato non sia influenzato da andamenti negativi dei mercati finanziari e risultare almeno pari al capitale nominale (al netto del premio e delle commissioni di gestione) versato nel tempo dall’assicurato debitore. Insomma, la polizza vita a scopo previdenziale deve avere le caratteristiche di un fondo pensione con una polizza assicurativa caso morte associata e finalizzata a coprire, a favore dei beneficiari indicati, il rischio di premorienza dell’assicurato debitore.

Ecco, una polizza vita con le caratteristiche previdenziali, appena illustrate, può impedire che il creditore dell’assicurato debitore pignori il capitale maturato presso il terzo (la compagnia di assicurazioni) che gestisce l’investimento del capitale nominale (al netto del premio assicurazione vita e dei costi di gestione) periodicamente versato dall’assicurato debitore.

E’ evidente, tuttavia, che appena il debitore assicurato avesse percepito, una tantum, la quota parte del capitale maturato riscattabile a scadenza, e questa fosse confluita sul proprio conto corrente, la somma versata dalla compagnia di assicurazione potrebbe essere pignorata nella misura del 20% eccedente il triplo dell’assegno sociale (alla data in cui scriviamo, circa 1.374 euro).

E’ altresì evidente, che, appena il debitore assicurato cominciasse a percepire la rendita vitalizia, il rateo versato dalla compagnia di assicurazione potrebbe essere pignorato alla fonte (presso la compagnia di assicurazione) nella misura del 20% eccedente il minimo vitale che è pari alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà (alla data in cui scriviamo circa 687 euro).

Spero risulti chiaro il significato di impignorabilità della polizza vita, qualora riconosciuta come tale dal giudice eventualmente adito dal creditore: quanto versato periodicamente dal debitore assicurato come premio per la copertura dell’evento morte, nonchè il capitale accumulato dalla gestione previdenziale, non può essere oggetto di pignoramento presso terzi ad opera del creditore procedente.

Quanto percepito dal debitore assicurato a scadenza contrattuale (come rendita vitalizia e a titolo di liquidazione una tantum) può essere pignorato nei limiti previsti per il pignoramento di una pensione (o di arretrati di pensione).

Nella situazione illustrata potrebbe anche andar bene l’acquisto di un piccolo immobile, intestato alla debitrice, immobile in cui la debitrice acquisisse residenza, sempre nella presunzione che la debitrice non disponga di altri immobili. Infatti, la prima e unica casa di proprietà del debitore esattoriale e in cui il debitore esattoriale ha la propria residenza, non può essere espropriata da Agenzia delle Entrate Riscossione (ma solo ipotecata).


Per visualizzare l'intera discussione, completa di domanda e risposta, clicca qui.