Ornella De Bellis

La disposizione prevista dal codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti stabilisce che le informazioni relative a inadempimenti non successivamente regolarizzati possono essere conservate nei Sic non oltre trentasei mesi dalla data di scadenza contrattuale del rapporto oppure, in caso di altre vicende rilevanti in relazione al pagamento, dalla data in cui è risultato necessario il loro ultimo aggiornamento, o comunque dalla data di cessazione del rapporto.

Detta norma rende incerta l’individuazione della data di decorrenza del termine di conservazione dei dati relativi a inadempimenti non regolarizzati.

Infatti, se, da un lato, si vuole evitare che il termine di trentasei mesi dalla prevista cessazione degli effetti del rapporto contrattuale comporti automaticamente la cancellazione di informazioni relative a inadempimenti non (ancora) regolarizzati, dall’altro la genericità del testo che, a tal fine, considera rilevanti una pluralità di accadimenti (leggasi reiterate segnalazioni) rischia di rendere difficilmente determinabile ex ante il momento in cui i dati personali verranno cancellati, con conseguente incertezza per gli interessati e per gli operatori del settore.

Alla luce delle numerose istanze (reclami, richieste di parere e ricorsi) pervenute nel tempo, l’Autorità per la protezione dei dati personali ha deciso si fornire, con il provvedimento interpretativo 438/2017, in ossequio ai principi generali stabiliti in materia di trattamento dei dati personali, chiarimenti e indicazioni di carattere generale su talune disposizioni particolarmente controverse del codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti, stabilendo congruo ritenere che il termine massimo di conservazione dei dati relativi a inadempimenti non successivamente regolarizzati (fermo restando il termine di riferimento di 36 mesi dalla scadenza contrattuale o dalla cessazione del rapporto), non possa comunque mai superare i cinque anni dalla data di scadenza del rapporto, quale risulta dal contratto di finanziamento.

Per affermare il proprio diritto alla cancellazione della posizione aggiornata dalla banca creditrice nella Centrale Rischi degli Intermediari Finanziari (CRIF) e che perdura da più di cinque anni, in seguito alla persistente segnalazione della medesima posizione debitoria, può presentare ricorso online all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) seguendo le istruzioni riportate qui.

Condizione necessaria per presentare ricorso all’ABF è, tuttavia, come avrà modo di leggere, l’avere inoltrato un reclamo scritto, via raccomandata AR, alla banca creditrice, lamentando, sostanzialmente, la persistente segnalazione nella CRIF ormai ultraquinquennale, in dispregio alle direttive dell’Autorità per la protezione dei dati personali fissate nel provvedimento interpretativo 438/2017 e chiedendo di desistere da ulteriori segnalazioni e di impartire istruzioni al gestore CRIF per cancellare la posizione censita a partire dal quinto anno di permanenza in archivio.

Decorsi 30 giorni dalla data in cui il reclamo perverrà al destinatario, in caso di silenzio o di risposta non soddisfacente, potrà rivolgersi direttamente all’ABF, previo versamento di 20 euro (contributo per le spese di procedura) che le saranno restituiti in caso di accoglimento del ricorso.

Non è richiesta assistenza tecnico legale, la procedura è assai semplice e si sostanzia nel riportare all’Arbitro quanto già contestato alla controparte in sede di reclamo.


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