Simonetta Folliero

La postdatazione è comunque inefficace, perché l’assegno presentato prima del giorno indicato come data di emissione è pagabile nel giorno della presentazione (articolo 30 regio decreto 1736/33).

Infatti, essendo un mezzo di pagamento, l’assegno non può mai avere una scadenza futura e, pertanto, è sempre pagabile a vista: il che significa che anche se datato con anno tremila può essere presentato all’incasso il giorno dopo quello di emissione, scatenando, in caso di provvista insufficiente, protesto, revoca di sistema, iscrizione nella Centrale di Allarme Interbancaria (CAI) e nel Registro Informatico dei Protesti (RIP), a carico del traente (cioè di colui che ha emesso l’assegno).

La legge vieta espressamente l’emissione di assegni postdatati e prevede, qualora venga indicata una data posteriore a quella di effettiva emissione, l’applicabilità del bollo delle cambiali (12 per mille) e delle sanzioni previste dal dpr 642/1972, articolo 25 (da 20 a 50 volte l’imposta non corrisposta).

Le sanzioni sono comminate dall’Ufficio del Registro (presso l’Agenzia delle Entrate) a carico di chi ha emesso l’assegno e dietro segnalazione della banca che riceve il titolo prima della scadenza, stante l’obbligo a suo carico di pagarlo nel caso vi sia la copertura (l’assegno, pur se postdatato, conserva la sua validità di mezzo di pagamento, come abbiamo già esaurientemente accennato).

Concludendo, lo strumento adatto agli scopi che si prefigge la società di recupero crediti è la cambiale. Al momento non sussistono gli estremi per una denuncia a carico dell’addetto al recupero crediti che l’ha contattata personalmente: lei può liberamente proporre modalità alternative (legittime) di transazione oppure rifiutarsi (per ora) di pagare il debito con un accordo stragiudiziale.


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