Come prima cosa, per poter evitare costi extra nascosti o penali di disdetta, quando si sottoscrive un contratto di telefonia, bisogna stare attenti innanzitutto alle note in piccolo e a leggere per bene il contratto dell’operatore.
Il problema della trasparenza nelle tariffe telefoniche è annoso, ma in questo periodo pone nuove sfide agli utenti.
Se n’è accorta l’Antitrust, che ha aperto a marzo un’indagine (ancora in corso) con il sospetto che non siano ancora abbastanza trasparenti le pubblicità delle offerte di Tim, Wind 3, Vodafone e Fastweb, per diversi motivi.
Indaga anche Agcom (Autorità garante delle comunicazioni) su costi di disdetta e trasparenza delle caratteristiche tecniche delle offerte fibra (quest’ultimo è uno dei principali problemi indicati dall’Antitrust nel suo annuncio di apertura indagine).
In generale, c’è un primo errore da evitare ed è un errore molto comune: andare al negozio quando ancora non abbiamo le idee chiare.
Troveremmo un addetto che ci indica solo quell’offerta che gli hanno detto di promuovere.
E che dice solo le cose commercialmente rilevanti, tacendo su cose importanti solo per noi come i costi extra.
Bisogna invece per prima cosa informarsi sulle offerte prima della sottoscrizione, vedendo il sito di quell’operatore e della concorrenza.
O almeno farlo dopo: cioè non sottoscrivere subito l’offerta, ma farsi dare tutti i depliant e poi verificare a casa su internet.
Certo, l’utente esperto potrebbe fare l’attivazione direttamente su internet, ed è quanto si consiglia di fare, ma solo pochi utenti hanno la cultura (e a volte anche le competenze) adatta e quindi il passaggio al negozio (magari solo per la sottoscrizione finale) è la scelta più solita.
Sul sito dei provider magari le caratteristiche delle offerte non sono tutte presentate con la stessa rilevanza e informazioni importanti sono in piccolo, ma almeno c’è tutto, mentre il negoziante o l’addetto del telemarketing tende a nascondere alcune cose.
Che cosa si tende a nascondere?
Per esempio i costi di recesso e di disdetta anticipata, che in telefonia fissa si sommano.
Ecco la prima trappola da evitare.
I costi di recesso sono base, scattano sempre.
Gli altri invece solo se si disdice prima della naturale scadenza del contratto, che è di solito 24 mesi.
Quasi tutte le offerte hanno questa clausola (Fastweb è un’eccezione).
Dobbiamo quindi trovare sul sito e/o chiedere con insistenza al venditore la durata del contratto e quali sono questi costi di disdetta anticipata, che possono arrivare anche a 500 euro a seconda del contratto e della sua durata residua.
Purtroppo non sempre i costi di disdetta anticipata sono indicati sul sito, a volte l’operatore si limita a dire che ci sono.
Ecco quindi che bisogna chiederglieli direttamente.
Nei costi di disdetta anticipata di una linea fissa può rientrare la restituzione di tutti gli sconti goduti sino a quel momento (sul canone e sull’attivazione, per esempio).
Si noti che secondo le regole Agcom (contro cui gli operatori hanno fatto ricorso al Tar) i costi di disdetta anticipata dovrebbero diminuire man mano che mancano meno mesi alla fine del contratto, ma gli operatori ancora non vi stanno adeguando (e quindi tendono a fare l’opposto: a dare una stangata finale se l’utente disdice poco prima della fine naturale del contratto, solitamente perché – appunto – non sapeva che ce ne fosse una).
Va detto che gli utenti a cui l’operatore presenta il conto di un super costo di disdetta anticipata possono sempre reclamare e iniziare una procedura di conciliazione gratuita (anche via sito ConciliaWeb).
Altre trappole sono i tanti, diversi servizi opzionali che un operatore ci può provare a rifilare.
Nell’attivazione online è più facile vederli, durante la procedura di abbonamento ed eventualmente dobbiamo stare attenti a togliere la spunta dai servizi opzionali che non vogliamo.
Anche se in certi casi questi sono in piccolo e quindi è facile cascarsi anche online.
Ma è soprattutto con le vendite in negozio che rischiamo di trovarci in contratto servizi opzionali che non vogliamo.
L’esempio principe è il modem.
Per norma, adesso è libero, ossia l’utente può decidere di usare un modem a propria scelta.
Peccato che i venditori raramente glielo dicono.
E arrivano a minacciarlo se quello insiste a usare un proprio modem: gli dicono che forse la linea non funzionerà bene oppure che si perde l’assistenza tecnica.
Con Fastweb e Wind 3 il modem è incluso gratis, con Tim e Vodafone lo si paga a parte, quindi l’utente dovrà essere particolarmente attento a non accettarlo tra le opzioni se preferisce un proprio modem.
Altri servizi che rischiamo di ritrovarci a forza nel contratto sono quelli di assistenza tecnica speciale, decoder o servizi di internet tv.
Ma gli esempi sono tantissimi e cambiano di periodo in periodo: gli operatori hanno una bravura eccezionale nell’inventarsi sempre nuovi costi addizionali da infilare nel contratto.
Infine, attenti alla tecnologia dell’offerta fissa.
Antitrust nota che non sempre nelle pubblicità è chiaro se il servizio sarà in fibra ottica fino alle case, in fibra-rame o in Adsl, a seconda della zona dove abita l’utente (e a volte il prezzo è uguale, solo che la velocità è molto diversa).
Agcom ha imposto agli operatori di mettere sulle offerte i bollini che specifichino il tipo di tecnologia; ma Antitrust nota come questa indicazione spesso sia confusa e non permetta davvero all’utente di capire, nel suo capo specifico soprattutto, quale tecnologia (e quindi quale velocità) potrà avere: a 1 Gigabit, a 100 Mbps, a 200 Mbps o i massimo 20 Mbps dell’Adsl.
Anche in questo caso, l’utente che attiva online può leggere– quale tecnologia potrà avere e la velocità nominale.
Con le attivazioni al negozio o al telefono, il consiglio è ancora di chiederlo chiaramente (e magari comunque verificare sui siti web).
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