Loredana Pavolini

Diciamo subito che è abbastanza improbabile che la finanziaria segua la strada del pignoramento immobiliare, dal momento che il ricavato di una vendita all’asta verrebbe assegnato prioritariamente al creditore ipotecario (la banca). E, la finanziaria procedente potrebbe restare con un pugno di mosche in mano, oltre che gravata dalle spese di procedura (che deve anticipare comunque, anche se sono accollabili al debitore in una successiva fase di riscossione coattiva).

In più, l’espropriazione potrebbe addirittura arrecare danno al creditore ipotecario (la banca) se il presumibile valore della casa, realizzabile tramite vendita all’asta, risultasse inferiore o poco superiore al debito residuo del mutuo ancora da rimborsare: paradossalmente, sarebbe la stessa banca ad opporsi ad una richiesta di espropriazione presentata al giudice dalla finanziaria creditrice.

Ne abbiamo parlato solo perchè, talvolta, il creditore non ipotecario minaccia di procedere a pignoramento ed espropriazione della casa (gravata da mutuo e ipoteca) di proprietà del debitore al solo scopo di intimorirlo e indurlo a soddisfare la pretesa in qualche modo (di solito, costringendo il debitore a contrarre altri prestiti con garante o a firmare cambiali, anche nella subdola consapevolezza che non potranno essere onorate).

Tuttavia, la finanziaria potrebbe procedere al pignoramento dello stipendio: in tale ipotesi, il debitore subirebbe un prelievo della busta paga pari al 20% della retribuzione percepita al netto degli oneri fiscali e contributivi. Si realizzerebbe, così, una sorta di ristrutturazione del debito (o consolidamento se più piace): entrambi i crediti rimasti inadempiuti (prestito e carta revolving) verrebbero rimborsati con un’unica rata mensile di 160 euro. Il rovescio della medaglia è che al capitale dovuto vengono aggiunte anche le spese di pignoramento e gli interessi di mora fino alla decisione giudiziale, aumentando il numero di anni necessari a servire il debito.

L’alternativa al pignoramento dello stipendio è quella di presentare un piano del consumatore, come consente la legge 3/2012 sulla composizione delle crisi da sovraindebitamento: lei potrebbe evitare, in tal modo, le angosce derivanti da una, seppur remota, possibilità di perdere la casa e nello stesso tempo prospettare al giudice (in caso di omologazione del piano del consumatore il creditore è obbligato ad accettare la proposta) un piano di rientro di 160 euro/mese, compatibile con la sua situazione reddituale e patrimoniale e, comunque, equivalente a ciò che otterrebbe la finanziaria con il pignoramento dello stipendio.

Questo link consente di accedere al registro gestito dal Ministero della Giustizia dove è possibile reperire l’elenco degli organismi abilitati alla composizione della crisi da sovraindebitamento, nonché tutti i dati di contatto, per ricevere adeguata assistenza nella presentazione di un piano del consumatore presso il Tribunale territorialmente competente.

Potrà cercare l’OCC (Organismo di Composizione della Crisi) più vicino al luogo in cui vive e lavora, semplicemente effettuando una ricerca su Google (o altri motori) con chiave OCC in aggiunta alla provincia o alla regione prescelta.


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