Carla Benvenuto

Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere solo pignorate, per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale.

E’ quanto stabilisce, fra le altre cose, l’articolo 545 del codice di procedura civile al comma 8.

Ora, considerato che a partire da gennaio 2019, l’importo massimo dell’assegno sociale ammonta a 458 euro e tenuto conto che con la sentenza 85/2015 la Corte costituzionale ha sancito che l’indennità mensile di disoccupazione rientra tra le prestazioni previdenziali assimilate alle pensioni sotto il profilo delle tutele assicurate dall’articolo 38 della Costituzione, è fuori dubbio che ad ogni pignoramento del conto corrente, dove viene accreditata l’indennità di disoccupazione NASpI, debba essere lasciata sul conto corrente una disponibilità a favore del debitore pari ad almeno 1374 euro (il triplo dell’importo massimo dell’assegno sociale).

Qualora ciò non accadesse, potrà esperire un primo tentativo bonario notificando al Banco Posta, con raccomandata AR, un reclamo scritto in cui chiede il rispetto di quanto disposto dell’articolo 545 del codice di procedura civile, comma 8, eccependo la natura degli accrediti in conto corrente (indennità di disoccupazione NASpI erogata da INPS).

Successivamente, qualora tale tentativo non sortisse esito favorevole, un avvocato dovrà presentare ricorso al giudice dell’esecuzione affinchè la norma di legge violata venga fatta rispettare coattivamente, chiedendo altresì, al creditore pignorante ed a Poste Italiane, custode della somma pignorata, il ristoro delle spese giudiziali necessarie per la tutela del proprio diritto.


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