Giuseppe Pennuto

La comunicazione relativa ai dati personali e alla patente del conducente che ha commesso l’infrazione al Codice della strada avrebbe dovuto essere effettuata, a cura del proprietario del veicolo a bordo del quale la violazione è stata commessa, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di accertamento del superamento dei limiti di velocità: lo sforamento di questo termine è l’unico motivo plausibile che può spiegare le vicende a seguire, vale a dire la notifica del verbale con la sanzione amministrativa per omessa comunicazione dei dati del conducente da parte della polizia municipale, il rigetto del ricorso presentato al Prefetto e la successiva riproposizione del verbale impugnato, con l’importo elevato al massimo edittale, dopo sei anni dall’infrazione per eccesso di velocità, ma entro cinque dalla data di rigetto del ricorso al Prefetto.

Tuttavia, lei riferisce che la sanzione comminata dai vigili urbani afferisce all’articolo 126 comma 2 del codice della strada: qualora non si tratti di un refuso nel quesito, e la sanzione non sia effettivamente correlata all’articolo 126 bis comma 2, allora il problema è riconducibile non già all’omessa comunicazione dei dati del conducente, bensì al fatto che la sua patente risultava scaduta (la patente è valida cinque anni per i soggetti che abbiano superato il cinquantesimo anno di età). Fermo restando che la sanzione è stata correttamente notificata entro il termine quinquennale decorrente dall’ovvio (in tale contesto) rigetto di un ricorso temerario.

In ogni caso, per sciogliere il dilemma ed acquisire le corrette informazioni al riguardo, dovrebbe recarsi presso il comando della polizia municipale: cosa che, a nostro avviso, avrebbe dovuto fare ancor prima di inoltrare il ricorso al Prefetto.


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