Occorre ritardare sette rate di rimborso, anche non consecutive, per ricevere dal creditore la cosiddetta comunicazione di Decadenza dal Beneficio del Termine (DBT), cioè la richiesta perentoria di saldare il debito residuo in un’unica soluzione.
Il ritardo superiore ai 30 giorni aggrava la situazione, tenendo conto che la rata pagata puntualmente al mese successivo viene imputata alla scadenza precedente, facendo salire il conto dei ritardi a due: sicché, anche pagando puntualmente le successive sei rate, e lasciano scoperta la prima non pagata, si raggiunge il massimo di sette rate di ritardo superiore ai 30 giorni, ed il recesso del creditore dal contratto, con obbligo di restituire tutto l’importo residuo del prestito.
Con l’inadempimento alla richiesta di DBT, seguono la notifica di un decreto ingiuntivo e del precetto, con il quale ultimo il creditore richiede il pagamento del debito residuo, gravato da spese giudiziali ed interessi di mora, normalmente entro dieci giorni dalla notifica.
Se non si salda la posizione debitoria, il creditore passa, allora, al pignoramento presso il datore di lavoro il che porta ad un prelievo forzoso dallo stipendio percepito dal debitore per un ammontare del 20% della busta paga, valutata al netto di oneri fiscali e contributivi ma al lordo della cessione del quinto in corso.
Di solito, vale il beneficio di escussione per il garante, nel senso che quest’ultimo viene escusso solo dopo azioni esecutive infruttuose avviate nei confronti del debitore principale.
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