Piero Ciottoli

Certamente cambiando residenza, andando a vivere da soli – come nei favolosi anni 80 del secolo scorso ci proponeva Jerry Calà – aumentano, e di molto, le possibilità di accedere al beneficio del reddito di cittadinanza.

Ma esistono alcuni punti di criticità che conviene esaminare con attenzione.

1) Se si occupa a titolo gratuito un appartamento concesso in comodato, si perde il diritto al contributo per il canone di locazione (280 euro al massimo) o per il pagamento della rata del mutuo (150 euro al massimo). In pratica si avrà diritto solo alla componente di integrazione al reddito (massimo 500 euro per una persona sola).

2) Se si occupa un appartamento di proprietà, si perde il diritto al contributo per il canone di locazione (280 euro al massimo). Per fruire del beneficio della componente del reddito di cittadinanza intesa come contributo al pagamento della rata del mutuo (150 euro al massimo) bisognerà avere un mutuo in ammortamento. E, in tale ipotesi, nasce il primo problema: come fa un soggetto ad avere stipulato un contratto di mutuo ed a pagarne le rate se non percepisce un reddito? Potrebbero comparire all’orizzonte gli avvisi di accertamento sul reddito senza tener conto che chiunque, al fine di ottenere indebitamente il reddito di cittadinanza, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, è punito con la reclusione da due a sei anni.

3) Se si occupa un appartamento in affitto, il contratto di locazione deve, innanzitutto, essere stato registrato presso l’Agenzia delle Entrate. Anche qui, ci si pone la domanda di come possa fare il beneficiario del reddito di cittadinanza, privo di reddito, a stipulare un contratto di locazione. Se si dichiara un reddito da lavoro compatibile con il contratto di locazione stipulato si finisce con il rinunciare quasi integralmente alla componente di integrazione del reddito di cittadinanza (massimo 500 euro) e con il fruire solo della componente di contributo all’affitto (massimo 280 euro). L’alternativa è esporsi al rischio di ricevere, prima o poi, la notifica di un avviso di accertamento fiscale per presunta evasione delle imposte sul reddito e/o di beccarsi la reclusione da due a sei anni.


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