Ornella De Bellis

La normativa vigente permette ad Agenzia delle Entrate-Riscossione di procedere autonomamente, ordinando alla banca senza necessità di passaggio in tribunale, di espropriare il saldo di conto corrente fino al soddisfacimento della pretesa azionata.

Questa possibilità, però, decade nel caso di conto corrente cointestato. Infatti, il conto cointestato rientra nella nozione di bene comune indiviso, la cui espropriazione è disciplinata dalle regole generali del codice di procedura civile.

La legge vieta, in questa fattispecie, il pignoramento per via extragiudiziale, ossia con l’ordine impartito direttamente alla banca o alla Posta di prelevare la disponibilità fino a concorrenza del credito azionato, senza passare dal giudice. Solo dopo la divisione del bene comune, ossia del denaro depositato conto corrente, è possibile l’assegnazione al creditore pignorante di quanto gli spetta.

Pertanto, Agenzia delle Entrate-Riscossione dovrà procedere secondo le norme del codice di procedura civile, valide nel pignoramento presso terzi: ovvero, con citazione ad un’udienza in tribunale.

All’udienza, dovrà partecipare la banca. Quindi, seguirà l’ordinanza del magistrato che dispone l’assegnazione delle somme pignorate. Durante il tempo che intercorre dalla notifica del pignoramento all’udienza in tribunale, le somme in conto corrente del debitore vengono sostanzialmente “bloccate” in attesa dell’udienza stessa.

Possiamo allora concludere che nel caso di conto corrente cointestato, Agenzia delle Entrate-Riscossione, non può pignorare l’intero saldo attivo del conto corrente fino a capienza del credito azionato (ex articolo 72 bis DPR 602/1973), perché ciò si potrebbe risolvere nell’espropriare somme appartenenti all’altro cointestatario non debitore. Il creditore procedente dovrà, quindi, accontentarsi del 50% della liquidità disponibile, a meno che non dimostri al giudice, con un dettagliato esame dell’estratto cronologico delle operazioni poste in essere nel tempo sul conto corrente cointestato, che le somme depositate sono esclusivamente attribuibili al debitore sottoposto ad azione esecutiva.

Naturalmente, anche il cointestatario non debitore può opporsi all’assegnazione convenzionale del 50% della liquidità disponibile, in udienza o rivolgendosi, con ricorso, al giudice dell’esecuzione, per dimostrare che l’origine del saldo è da ripartire fra i due cointestatari in misura non paritaria.

Tenendo anche conto che non basta versare una somma in conto corrente per potere eccepire l’esclusiva attribuzione dell’accredito al cointestatario che effettua il versamento: secondo l’articolo 1298 del codice civile, infatti, la presunzione di eguaglianza delle quote di ciascuno dei cointestatari di un conto corrente può essere vinta non già con la mera dimostrazione di avere avuto la disponibilità del danaro immesso nel conto, ma con la precisa dimostrazione che il titolo di acquisizione di quel danaro rendeva destinatario dello stesso, in via esclusiva, il solo soggetto che poi lo ha versato sul conto cointestato.


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