Giuseppe Pennuto

Anche se non ce ne sono ancora tanti sulle strade italiane, e sono posizionati principalmente al nord, le amministrazioni stanno ponderando di renderli sempre più presenti nel territorio: parliamo dei famigerati scout speed, anche chiamati autovelox invisibili.

Al momento gli autovelox invisibili sono trentadue, e presto saliranno a 38: la loro arma in più, rispetto ai sistemi di controllo del passato, è il fatto che possono non essere presegnalati e visibili, come era invece necessario per il cosiddetto Provida.

E se il Provida funzionava solo da fermo, con l’agente che doveva inquadrare il veicolo sospettato di infrangere il limite di velocità, lo Scout Speed è capace di rilevare l’andatura dei veicoli anche in movimento grazie a un radar.

Il tutto, comunque, sotto l’occhio attento dei poliziotti.

Insomma, non c’è scampo. O quasi.

Infatti, in condizioni di traffico eccessivo, i veicoli possono coprirsi l’uno con l’altro, rendendo obsoleto lo scout speed.

Al contrario, in questo ambito, gli autovelox classici hanno resa maggiore.

Senza contare che non sempre gli agenti possono essere certi del limite che vige in direzione opposta, per cui si tende a effettuare i servizi solo su pochi tracciati predefiniti e ben conosciuti dai pattuglianti.


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