Marzia Ciunfrini

Se al momento del perfezionamento del contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. E’ questo il contenuto dell’articolo 1385 del codice civile citato.

Per poter pretendere il doppio della caparra confirmatoria, è necessario recedere unilateralmente dal contratto, non invitare la controparte all’adempimento. Per poter pretendere un risarcimento maggiore del doppio della caparra confirmatoria bisogna recedere dal contratto e procedere con azione giudiziale autonoma di risarcimento danni (con danni da provare e importo del risarcimento da documentare dettagliatamente) .

Cassazione civile, sentenza 17923/2007: la caparra confirmatoria, di cui all’articolo 1385 del codice civile, assume la funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento qualora la parte non inadempiente abbia esercitato il potere di recesso conferitole dalla legge e in tal caso, essa è legittimata a ritenere la caparra ricevuta o ad esigere il doppio di quella versata; qualora, invece, la parte adempiente abbia preferito agire per la risoluzione o l’esecuzione del contratto, il diritto al risarcimento del danno dovrà essere provato, anche nella misura dell’importo risarcitorio.

Cassazione civile, sentenza 11356/2006: La caparra confirmatoria è volta a garantire l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte; consente, in via di autotutela, di recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice; indica la preventiva e forfettaria liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte è stata costretta a causa dell’inadempimento della controparte. Infatti, la parte non inadempiente ben può recedere senza dover proporre domanda giudiziale o intimare la diffida ad adempiere, e trattenere la caparra ricevuta o esigere il doppio di quella prestata senza dover dimostrare di aver subito un danno effettivo. Qualora, anziché recedere dal contratto, la parte non inadempiente si avvalga dei rimedi ordinari della richiesta di adempimento, essa perde la funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria all’importo convenzionalmente stabilito in contratto, e la parte che allega di aver subito il danno, oltre che alla restituzione di quanto prestato in relazione o in esecuzione del contratto, ha diritto anche al risarcimento dell’integrale danno subito, se e nei limiti in cui riesce a provarne l’esistenza e l’ammontare. Anche dopo aver proposto la domanda di risarcimento, e fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza, la parte non inadempiente può decidere di esercitare il recesso, in tal caso peraltro implicitamente rinunziando al risarcimento integrale e tornando ad accontentarsi della somma convenzionalmente predeterminata al riguardo.

Concludendo, si tratta di questioni in cui non è consigliato il fai da te: necessita il supporto tecnico di un buon avvocato, anche per evitare di commettere errori procedurali che potrebbero rivelarsi irrimediabili.


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