L’INPS mi chiede indietro la pensione di anzianità che mi ha pagato tra Ottobre 2012 e Settembre 2013, poichè in quel periodo sono stato riassunto come dipendente pubblico. Faccio notare che in quel periodo ho pagato i contributi pensionistici e ho fatto la dichiarazione dei redditi correttamente.
L’articolo 13 comma 2 della legge 412/1991 dice: “L’INPS procede annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza.” Concetto anche ribadito dalla sentenza 482/2017 della corte di cassazione:”non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte salvo che l’indebita prestazione sia dovuta al dolo dell’interessato”
Da questo mi sembra di capire che l’INPS avrebbe dovuto controllare la mia situazione reddituale nel 2012 e 2013 e chiedermi la restituzione della pensione entro fine 2014. Possono ora, a distanza di 5 anni dall’ultimo pagamento contestato, dirmi che si erano sbagliati e che devo restituire la pensione?
Per giurisprudenza consolidata, nonchè per quanto disposto all’articolo 13 comma 1 della legge 412/1991, nel termine “dolo” possono essere ricomprese, oltre che l’attività illecita dell’interessato, anche l’indicazione di dati incompleti o l’omissione di denuncia di circostanze incidenti sul diritto alla prestazione, purché l’omissione non riguardi atti o fatti già noti all’Istituto.
La prescrizione decennale del diritto dell’INPS di riscuotere prestazioni indebite decorre dal giorno in cui l’Istituto ha avuto conoscenza dell’insorgenza del credito: nella fattispecie dal momento in cui è stata presentata la dichiarazione 2013 redditi 2012 o è stata emessa la certificazione unica 2013 dal datore di lavoro, quando l’INPS è venuta a conoscenza della prestazione lavorativa resa dal pensionato nell’ultimo trimestre 2012.
Per quanto attiene la violazione dell’articolo 13 comma 2-bis della legge 412/1991, laddove è previsto che il recupero dei ratei, eventualmente erogati in eccedenza dall’INPS, debba avvenire entro il biennio successivo a quello in cui è stata verificata la situazione reddituale del percipiente, bisognerebbe verificare se entro tale termine non le sia stato notificato, magari per compiuta giacenza (in occasione di una sua temporanea assenza) un provvedimento di recupero dell’indebito: si tratta, infatti, dell’atto con cui si perfeziona il recupero ai sensi delle normativa citata.
In ogni caso, sul tema vanno segnalate autorevoli interpretazioni più estensive, secondo le quali il limite temporale stabilito per il recupero dal citato articolo 13, comma 2 (e successivamente 2 bis) della legge n. 412/1991, deve ritenersi riferito all’intero procedimento amministrativo.
A conforto di tali interpretazioni estensive si rimanda a quanto chiarito con la sentenza 166/1996, della Corte Costituzionale che, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 6, comma 11-quinquies, della legge 638/1983 (nella parte in cui consente alle gestioni previdenziali di procedere al recupero sul trattamento di pensione delle somme erogate in eccedenza a titolo di trattamento minimo anche in deroga ai limiti temporali posti dalla disciplina vigente), ha stabilito che … il limite, così individuato, della ripetibilità sancita dalla disposizione denunziata, non può trovare applicazione immediata dal momento in cui si determinano per l’INPS le condizioni di verificabilità del reddito dell’assicurato. Perché i dati disponibili siano effettivamente acquisiti dall’Istituto e immessi nei circuiti delle verifiche contabili sono necessari tempi tecnici, che il giudice valuterà avuto riguardo eventualmente ai termini indicati dall’art. 13, comma 2, della legge 412/1991, non applicabile ratione temporis nei casi di specie, ma utilizzabile come criterio di orientamento.
Il principio enunciato dal giudice delle leggi è stato poi seguito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 11484/1996.
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