Annapaola Ferri

Nella comunione legale, il coniuge debitore risponde con i propri beni alle obbligazioni assunte personalmente: qualora i beni di esclusiva proprietà del coniuge debitore risultassero insufficienti, il creditore può avviare azione sussidiaria sui beni della comunione legale, a meno che il coniuge non debitore non indichi al creditore procedente ulteriori eventuali beni di proprietà esclusiva del coniuge debitore, su cui soddisfare primariamente il debito. Qualora ciò non avvenisse, l’espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) rientranti nella comunione legale, avrebbe ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con conseguente scioglimento della comunione legale, limitatamente al bene venduto coattivamente, e il diritto del coniuge non debitore a percepire metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso (o del valore di questo, in caso di assegnazione) (Cassazione sentenza 8803/2017).

In tema di riscossione coattiva di tributi (imposte e tasse), la sussistenza di sopravvenute esigenze familiari va esclusa solo in relazione a debiti che il coniuge debitore riesce a dimostrare accumulati per finalità di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi.

Questo il principio di diritto che emerge dalla lettura della sentenza 25543/2017 della Corte di cassazione.

Se ne conclude che in ipotesi di debiti tributari, non sussiste il diritto del coniuge non debitore a percepire metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene espropriato facente parte della comunione. Il debito, quando non può essere classificato come personale di uno dei coniugi, viene escusso attraverso l’espropriazione del bene comune a soddisfazione dell’integrale esposizione azionata.


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