Il codice penale, all’articolo 85, stabilisce che nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. È imputabile solo chi ha la capacità d’intendere e di volere.

Tuttavia, in caso di procedimento penale a carico di suo fratello, l’incapacità di intendere e di volere dovrà essere accertata con perizie tecniche, d’ufficio e di parte: non basterà esibire la diagnosi formulata dal centro di salute mentale dell’ASL.

In poche parole se gli atti sottoscritti, che non è dato conoscere, hanno comportato il superamento della soglia oltre la quale scattano le sanzioni tributarie e contributive penali, suo fratello subirà comunque un processo penale e dovrà affidarsi ad un avvocato (anche d’ufficio, se ne ha i requisiti) e, comunque, farsi economicamente carico delle perizie mediche di parte, se vuole dimostrare la propria impunibilità.

A tale proposito va ricordato che, per quanto riguarda l’imposta sul valore aggiunto (IVA) e l’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), in caso di dichiarazione annuale omessa, se l’imposta evasa è superiore a 50 mila euro (soglia di punibilità) si rischiano da 18 mesi a 4 anni di reclusione.

Per l’IVA, se l’imposta dovuta e non versata (in base alla dichiarazione presentata non infedele) supera la soglia di 250 mila euro, la pena prevista varia dai 6 mesi a 2 anni di reclusione.

In riferimento all’IRPEF e all’imposta dovuta e non versata (in base alla dichiarazione presentata non infedele), il reato si configura solo per l’omesso versamento delle ritenute d’acconto, con soglia di punibilità pari a 150 mila euro e comporta una pena detentiva che varia da un minimo di sei mesi ad un massimo di 24 mesi.

Venendo alle dichiarazioni presentate, ma infedeli, di IVA e IRPEF (in pratica, quando nei bilanci annuali sono stati riportati elementi attivi inferiori a quelli effettivi e/o elementi passivi superiori a quelli effettivi o addirittura inesistenti) la soglia di punibilità scatta se l’imposta evasa supera i 150 mila euro; la pena detentiva varia da 1 a 3 anni.

L’illecito penale contributivo sussiste solo per il datore di lavoro che omette di versare le ritenute previdenziali ed assistenziali operate sulle retribuzioni corrisposte ai propri dipendenti. L’omesso versamento deve superare i 10 mila euro (in un periodo di imposta): la sanzione penale prevista consiste nella reclusione fino ad un massimo di 36 mesi (oltre a sanzioni amministrative pecuniarie accessorie).

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