Simonetta Folliero

Nel contenzioso esaminato dalla Suprema Corte il contratto di fideiussione fu sottoscritto nel febbraio 2005. Nel maggio del 2005, sulla scorta di indicazioni fornite dalla Banca d’Italia, che aveva tenuto conto di un provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), l’ABI aveva recepito, modificando lo schema contrattuale risalente al 2002, le valutazioni dell’Istituto di emissione, contenute in un provvedimento che, comunque, aveva riconosciuto la legittimità della fideiussione omnibus bancaria e delle clausole ivi previste, tra cui quella che stabilisce il pagamento a prima richiesta nei confronti del fideiussore, funzionale a garantire l’accesso al credito bancario.

In pratica, tenendo conto delle indicazioni della Banca d’Italia, l’ABI eliminò quasi subito (nel corso del 2005), le previsioni contenute nel vecchio schema contrattuale di fideiussione omnibus del 2002, ritenute lesive della libera concorrenza.

E, a leggere bene la sentenza citata, i giudici della Corte di Cassazione hanno accolto le doglianze del fideiussore ricorrente eccependo che la cosiddetta legge “antitrust” stabilisce la nullità delle “intese” a far data dalla sua entrata in vigore nel 1990, e, dunque ben prima del febbraio 2005, quando il contratto di fideiussione fu sottoscritto secondo il vecchio schema non ancora emendato.

Lei, invece, nel 2014, ha sicuramente sottoscritto un contratto tipo di fideiussione omnibus (risalente al 2005) che aveva già rimosso tutte le eventuali cause di nullità recependo le valutazioni e le indicazioni di Bankitalia e dell’AGCM.


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