Nella fattispecie qui riferita, non è detto che lei debba essere consapevole dell’allaccio abusivo alla rete di distribuzione di corrente elettrica. Mi spiego meglio: lei potrebbe alloggiare in un immobile precedentemente affittato ad una Pubblica Amministrazione che, cessato il contratto di locazione non abbia effettuato il recesso dal contratto di fornitura di corrente (non si tratta di un caso infrequente): cosicché solo il suo coniuge, ormai separato, potrebbe essere conscio dell’indebita fruizione di energia elettrica dal momento che, continuando ad essere contabilizzati alla Pubblica Amministrazione, i consumi non generano pagamenti in bolletta e nemmeno tramite addebito permanente sul suo conto corrente.
Se, invece, c’è stata una evidente manomissione al contatore dei consumi, oppure il prelievo viene effettuato attraverso l’inserimento abusivo nella rete di distribuzione, impianto anch’esso rilevabile icto oculi, lei è inevitabilmente complice di un furto di energia elettrica con tutte le aggravanti del caso (articolo 624 del codice penale – un anno di reclusione e 200 euro di multa, in media).
Il suggerimento è allora quello di informare il coniuge separato che lei non intende perpetrare un reato rischiando di essere censita al casellario giudiziale. Delle due l’una: o l’impianto abusivo di prelievo di energia elettrica viene rimosso, almeno durante la sua permanenza in quella casa, oppure le converrà trovare, al più presto, altra sistemazione.
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