Il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nell’impresa familiare partecipa agli utili dell’impresa, ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.
Come familiare deve intendersi il coniuge, i parenti entro il terzo grado; gli affini entro il secondo e, dunque, per impresa familiare quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo.
Il diritto di partecipazione può essere liquidato in danaro alla cessazione della prestazione del lavoro, per fatti strettamente attinenti all’attività imprenditoriale. Il pagamento può avvenire in più annualità, determinate, in difetto di accordo, dal giudice.
Purtroppo, secondo i giudici della Corte di Cassazione (sentenza 20574/2008) gli utili dell’impresa familiare devono essere ripartiti in proporzione alla qualità ed alla quantità di lavoro prestato, mentre le percentuali indicate nella scrittura notarile di costituzione dell’impresa familiare (52% a lei e 48% al cognato) hanno soltanto valore indiziario ai fini della ripartizione degli utili.
Quindi avrebbero solo valore indiziario, per quanto riguarda la ripartizione degli utili negli anni addietro, eventuali quietanze dei compensi corrisposti o desumibili dalle dichiarazioni dei redditi presentate.
Inoltre, l’articolo 230 bis del codice civile precisa che il familiare che presta in modo continuativo la sua attività di lavoro nell’impresa familiare partecipa agli utili in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato – salvo sia configurabile un rapporto di lavoro subordinato. In altre parole, suo cognato potrebbe anche reclamare la sua posizione effettiva di lavoratore dipendente con obbligo di trattamento di fine rapporto ed ulteriori oneri contributivi a carico del partecipante all’impresa con quota maggioritaria.
Insomma, il suggerimento, per evitare un contenzioso giudiziale dagli esiti incerti, è quello di trovare un accordo economico con suo cognato, prima di recarsi dal notaio per sancire la formale liquidazione dell’impresa familiare.
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