Paolo Rastelli

L’articolo 515 del codice di procedura civile dispone, fra l’altro, che i beni indispensabili per l’esercizio della professione del debitore possono essere pignorati nei limiti di un quinto, quando il presumibile valore di realizzo degli altri beni rinvenuti dall’ufficiale giudiziario o indicati dal debitore non appare sufficiente per la soddisfazione del credito.

In particolare, poi, l’articolo 86, comma 2, del DPR 602/1973, in riferimento all’escussione coattiva di crediti esattoriali (quelli vantati dalla Pubblica Amministrazione) stabilisce che la procedura di iscrizione del fermo di beni mobili registrati e’ avviata dall’agente della riscossione con la notifica al debitore iscritti nei pubblici registri di una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sara’ eseguito il fermo amministrativo, senza necessità di ulteriore comunicazione, salvo che il debitore, nel predetto termine, dimostri all’agente della riscossione che il bene mobile è strumentale all’attività della professione.

Atteso che pignorando e vendendo all’asta un veicolo usato, non di pregevole valore, con il il 20% del ricavato, il creditore non recupera nemmeno le spese di procedura, l’arma letale in mano al concessionario della riscossione resta l’iscrizione di fermo amministrativo sul veicolo.

Ma, come abbiamo visto, se, una volta notificato il preavviso di fermo amministrativo, nel termine di trenta giorni il debitore dimostra, documenti alla mano, che il veicolo è funzionale, come nel caso, alla propria attività professionale, il provvedimento di fermo non può essere iscritto.

Se ne conclude che, almeno per quanto riguarda la sua auto, può dormire sonni tranquilli.


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