Patrizio Oliva

Con un emendamento al decreto Milleproroghe, la completa liberalizzazione del mercato elettrico (con la fine del mercato tutelato) viene completamente rimandata di un anno: se ne riparlerà solo dal primo luglio del 2020, quando scatterà l’obbligo per oltre 20 milioni di famiglie di firmare un nuovo contratto di fornitura del servizio, col passaggio al mercato libero.

Si tratta di un nuovo rinvio dopo quelli già decisi in passato, proprio su impulso dell’authority.

Lo stesso governo Gentiloni aveva fissato al 1 luglio 2019 il nuovo termine per la fine del mercato di maggior tutela.

A spingere la politica a rimandare più volte è il timore di rincari delle tariffe, almeno in un primo momento, e, l’impreparazione di una parte delle famiglie e destreggiarsi con un servizio per il quale non è mai chiaro come vengano suddivisi i costi, tra prezzo delle materia prima (l’elettricità o il gas), gli oneri aggiuntivi e il peso della fiscalità.

Dunque, sulla decisione di M5S e Lega incide il ritardo del processo di implementazione della riforma (manca ancora il decreto attuativo del ministero dello Sviluppo economico) ma soprattutto pesano i dubbi “politici” sull’opportunità di chiudere d’ufficio l’era dei prezzi tutelati.

Secondo la maggioranza, nonostante l’avvio del portale dell’Authority, la chiarezza sulle offerte non è sufficiente.

Forti dubbi, durante l’iter di approvazione della legge concorrenza, furono inoltre avanzati sul servizio di salvaguardia che dovrà assicurare l’Authority per l’energia per gli utenti che alla data dello switch off saranno senza fornitore.

Ora il governo stilerà un sistema “competitivo e trasparente” prima che si arrivi alla completa liberalizzazione del mercato dell’energia.


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