Gennaro Andele

Alla fine, non è passata la tanto agognata sanatoria prevista per chi ha emesso assegni in cui mancava la clausola di non trasferibilità ed è stato colpito dalle sanzioni previste dalla normativa antiriciclaggio.

La decisione è stata presa dal consiglio dei ministri dopo l’esame del testo del ministero dell’Economia.

Dunque, non è stato inserita, nel decreto legislativo sull’uso dei dati antiriciclaggio, la soluzione pensata dai tecnici di Mef e Palazzo Chigi, ove si proponeva una sanzione minima del 10% se l’importo dell’assegno non era superiore ai 30 mila euro e per il resto, oltre quella cifra, manteneva la struttura attuale.

Alla luce di ciò, fino a quando non vi saranno modifiche legislative ed entro 60 giorni dalla data di contestazione, per concludere anticipatamente ogni controversia al trasgressore rimane ancora l’oblazione volontaria pari al doppio del minimo che, nel caso specifico degli assegni irregolari, è pari a 6.000 euro indipendentemente dall’importo dell’assegno contestato ed anche per importi di pochissimo superiori ai mille euro.

Ricevuta la contestazione, però, non è possibile conoscere in anticipo se convenga immediatamente pagare l’oblazione o se affrontare il procedimento sanzionatorio, poiché quanto irrogato in assenza di immediata definizione potrà oscillare da un minimo di 2000 a un massimo di 50000 euro.

In molti, peraltro, aldilà delle valutazioni di convenienza hanno deciso di respingere per questione di principio queste sanzioni, ritenendole una vera e propria ingiustizia.

Quasi sempre, infatti, le somme trasferite in queste vicende non sono collegate ad attività illecite o criminali, ma spesso si tratta di trasferimenti tra familiari di somme quantitativamente modeste, oppure isolati acquisti di beni e servizi nella sfera privata.

L’ultima speranza, se non si vuole pagare l’oblazione è quella di provare produrre una memoria difensiva per chiedere al Mef che non sia irrogata alcuna sanzione e venga disposto un ragionevole provvedimento di archiviazione.

L’Ufficio a cui rivolgersi è la Ragioneria territoriale dello Stato che ha notificato all’incolpato l’atto di contestazione degli addebiti.


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