Andrea Ricciardi

La spinosa e complessa questione della notifica via PEC di una cartella esattoriale, della relativa firma digitale e della differenza dei formati, è stata finalmente risolta, recentemente, dall’intervento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

L’orientamento giurisprudenziale, sia di diversi tribunali che di commissioni tributarie, era stato quello di deliberare che la notifica della cartella di pagamento non è valida qualora avvenga tramite Pec, con il file dell’atto con estensione .pdf anziché .p7m (tipica dei file firmati digitalmente). Solo il formato .p7m garantisce infatti l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico e l’identificabilità del suo autore grazie alla firma digitale.

Interpellata su questo punto, inoltre, la Corte di Cassazione aveva dato pareri discordanti, con sentenze sia favorevoli che contrarie all’orientamento dei Tribunali di merito.

La questione, però, è stata definitivamente risolta dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, la quale, con sentenza pubblicata in data 27 aprile 2018, numero 10266, nell’equiparare il file PDF al file formato p7m, ai fini della validità della trasmissione del file tramite PEC, richiamando la normativa europea in materia di trasmissione informatica di documenti, ha stabilito il seguente principio di diritto che definitivamente pone fine all’annosa questione: secondo il diritto dell’UE e le norme, anche tecniche, di diritto interno, le firme digitali di tipo CAdES e di tipo PAdES, sono entrambe ammesse ed equivalenti, sia pure con le differenti estensioni p7m e pdf, e devono, quindi, essere riconosciute valide ed efficaci, anche nel processo civile di cassazione, senza eccezione alcuna.

Dunque, la notifica della cartella tramite PEC, mediante l’uso del file in formato pdf, è idonea a garantire l’autenticità del documento trasmesso.


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