Per il primo prestito al consumo, quello erogato nel 2001, non entriamo nemmeno nel merito del collegamento esistente con il servizio a cui tale prestito era finalizzato e sulle corrette modalità, o meno del recesso.
Si tratta di un credito ormai ampiamente prescritto, il cui rimborso potrebbe essere preteso solo nel caso in cui il cessionario (perché evidentemente si tratta di una pratica ceduta dal creditore originario) fosse in grado di mostrare le raccomandate AR di diffida e messa in mora inviate al debitore prima dei dieci anni dalla data in cui avrebbe dovuto essere versata la prima rata evasa (e nel caso in cui tale comunicazione fosse stata trasmessa prima del maggio 2008, ne occorrerebbe almeno una seconda).
Per quanto riguarda, invece, il finanziamento erogato per consentirle di svolgere attività fisica in palestra, andrebbe verificato se effettivamente il gestore non abbia continuato a percepire la retta: in questo caso, diciamo, che c’è stata da parte sua una certa dose di superficialità nel non avere richiesto documentazione circa la presunta “dispensa”.
Per entrambi i prestiti si tratta, comunque, degli ormai conclamati, odiosi tentativi di personaggi senza scrupoli che acquistano crediti deteriorati o, addirittura inesigibili in quanto prescritti, nel tentativo di trovare il debitore sprovveduto che, intimidito e preoccupato dalle possibili conseguenze dell’inadempimento, ci casca e paga.
Prima di decidere se pagare o meno, deve considerare che lo stipendio che lei percepisce potrebbe essere pignorato nella misura del 20%, massimo, al mese per entrambe le pretese. Ma per ottenere il prelievo dal suo stipendio, il soggetto che asserisce di avere acquisito il diritto a procedere dovrebbe chiedere un decreto ingiuntivo al giudice. In tale evenienza egli dovrebbe esibire la documentazione di intervenuta cessione del credito e l’estratto conto che porta a determinare l’importo debente, partendo dal capitale a debito iniziale e mostrando gli interessi applicati nel tempo. Tenga conto che si tratta di attività giudiziali che richiedono di anticipare importi non trascurabili. Inoltre, e questo è l’aspetto più importante, trattandosi di prestiti al consumo, il Tribunale adito dovrebbe essere quello del consumatore, cioè Taranto. Una volta ottenuto un decreto ingiuntivo, il debitore accorto, affiancato da un legale serio, potrebbe facilmente opporsi, eccependo la prescrizione o dimostrando di non aver fruito del servizio per il quale era stato erogato il credito al consumo.
Questo lo scenario peggiore: ma, per porre fine alla questione, come quasi sempre accade, sarà sufficiente comunicare al presunto creditore che non si intende in alcun modo pagare, che se l’interlocutore ritiene proprio diritto esigere la pretesa, potrà rivolgersi pure al giudice, astenendosi, nel frattempo, dal continuare a stabilire qualsiasi contatto telefonico non gradito e non consentito in base alle norme che tutelano la privacy.
La regola aurea in queste situazioni è quella di esternare determinazione, non mostrarsi intimiditi dalle minacce di conseguenze legali, limitare il contatto semplicemente all’ammonimento a non persistere ad utilizzare il canale telefonico, non mostrasi disponibile ad eventuali trattative che prevedano sconti e pagamenti rateali presumibilmente convenienti.
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