Ludmilla Karadzic

In giurisprudenza, l’orientamento consolidato (vedasi Cassazione 18863/2011) è quello secondo il quale, l’assegnazione della casa familiare rappresenta esclusivamente uno strumento di garanzia e protezione della prole: pertanto, è pacificamente ammessa la possibilità di assegnare, nell’ipotesi di cessazione di un rapporto di convivenza more uxorio, l’abitazione al convivente more uxorio affidatario dei figli minorenni o che viva con figli maggiorenni non economicamente autosufficienti.

L’attribuzione dell’alloggio, quindi, è senz’altro condizionata all’interesse dei figli.

Ora, l’articolo 155 quater, primo comma, del Codice Civile, prevede la revoca dell’assegnazione della casa familiare nel caso in cui l’assegnatario conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.

Tuttavia, la Corte Costituzionale, con la sentenza 308/2008, ha sancito che l’articolo 155 quater del Codice Civile deve essere interpretato nel senso che la convivenza more uxorio o il nuovo matrimonio dell’assegnatario della casa non sono circostanze sufficienti, di per se stesse, a determinare la cessazione dell’assegnazione.

La revoca dell’assegnazione, infatti, deve essere subordinata ad un giudizio di conformità all’interesse del minore.

Insomma, la sua ex convivente, fino a quando tutti i figli non diverranno maggiorenni ed economicamente autosufficienti, potrà occupare la casa familiare assegnatale anche in convivenza con il suo nuovo compagno.

E’ questo, presumibilmente, il motivo per il quale la madre dei suoi figli sembrerebbe sfuggire ad ogni proposta di accordo bonario finalizzato a mettere in discussione un diritto che ella ritiene, ormai, pienamente acquisito.


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