Annapaola Ferri

Il problema è nato proprio perchè all’avviso di addebito (esecutivo) bisognava rispondere, entro 20 giorni dalla notifica, con un ricorso al giudice del lavoro: in questi casi non è mai sufficiente il ricorso amministrativo in autotutela e, spero, il suo commercialista l’abbia compiutamente informata almeno su tale aspetto.

Infatti, a decorrere dal 2011, l’INPS ha introdotto un nuovo sistema di riscossione con la finalità di indirizzare l’attività dell’Istituto verso una più efficace azione di contrasto dell’omissione contributiva. Da tale data, infatti, l’istituto provvede al recupero dei crediti contributivi di propria competenza attraverso la notifica al contribuente di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo (avviso di addebito immediatamente esecutivo). In pratica, all’avviso di addebito non segue la cartella esattoriale o il decreto ingiuntivo, ma direttamente l’azione cautelare o esecutiva (ipoteca o pignoramento) se non si paga entro 60 giorni dalla data di notifica dell’atto.

Pertanto, se la questione, dopo il ricorso amministrativo in autotutela, non viene chiusa con un atto ufficiale da parte dell’INPS di annullamento dell’addebito, prima che decorrano i venti giorni a disposizione per il ricorso giudiziale, sono guai seri, come è puntualmente avvenuto.

Tuttavia, poichè si tratta, comunque, di un errore evidente di formazione del titolo esecutivo su cui è basato il pignoramento, deve rivolgersi ad un avvocato serio che promuova ricorso al giudice dell’esecuzione presso il Tribunale competente territorialmente (quello in cui lei risiede) per l’annullamento dell’avviso di addebito e la restituzione delle disponibilità di conto corrente prelevate con il pignoramento.


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