Ludmilla Karadzic

La soluzione migliore al suo problema sarebbe quella di affidarsi ad un serio avvocato che provasse a sbrogliare la matassa di prestiti con rate duplicate in cui è rimasto, suo malgrado, coinvolto e si opponesse alla serie di decreti ingiuntivi campati in aria.

Ma, preso atto che non può permettersi il lusso di farsi assistere da un legale di fiducia, allora l’unico modo per uscire da questa spirale perversa è quella di revocare tutte le disposizioni di addebito in conto corrente finalizzate al rimborso dei prestiti ottenuti.

In questo modo le rimarrà sul groppone una ritenuta del 20% destinata a servire la cessione del quinto (che essendo effettuata direttamente dal datore di lavoro non può essere revocata) ed un pignoramento del 20% dello stipendio, per tutti i prestiti in sospeso, se e quando i creditori originari o i cessionari del credito intervenuti successivamente, riterranno di procedere con azione esecutiva.

Qualsiasi sia il numero di creditori insoddisfatti che decidesse di agire, qualsiasi errore di quantificazione dell’importo dovuto potrà essere commesso dai creditore procedenti, qualsiasi duplicazione di rimboso dovesse essere avallata inconsapevolmente dal giudice adito, lei non pagherà un centesimo in più del 20% dello stipendio percepito al netto degli oneri fiscali e contributivi e al lordo della cessione del quinto in corso.

Certo, un eventuale indebito chiesto dai creditori, e concesso dal giudice nel decreto ingiuntivo, influirà sulla durata del pignoramento. Ma tant’è.

A questo proposito potrà esperire un tentativo di chiarimento in occasione della notifica dell’atto di pignoramento presso terzi che le potrà essere notificato e che dovrà contenere la citazione del debitore a comparire davanti al giudice competente, consegnando a quest’ultimo una memoria difensiva su quanto accaduto in questi anni (ma senza indulgere in valutazioni o commenti di natura personale).


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