Marzia Ciunfrini

Quando, come nel caso, il regime scelto dai coniugi è quello della comunione legale, questa si scioglie al momento della morte di uno dei coniugi e ricadranno in successione il 50% dei beni in comunione tra i coniugi e il 100% dei beni personali del defunto.

Nella fattispecie, in assenza di testamento, alla figlia spetta il 25% delle disponibilità in conto corrente del de cuius.

Tuttavia, secondo i giudici della Corte di cassazione, a sezioni unite (sentenza 18725/2017) è riconducibile alla donazione diretta l’elargizione, per spirito di liberalità (cioè senza l’obbligazione derivante da un contratto stipulato fra le parti) di somme di danaro mediante assegni circolari o bancari, nonché bonifici bancari.

Ora, se non è di modico valore, la donazione diretta deve essere formalizzata, per legge, attraverso un atto pubblico: altrimenti la donazione può essere impugnata (da chi ne abbia interesse) per nullità.

La figlia del defunto può pertanto accedere alla documentazione dei movimenti in conto corrente del genitore e impugnare per nullità tutti i bonifici bancari, di non modico valore, destinati negli anni al coniuge superstite, che non siano stati formalizzati da un atto notarile di donazione.

Ripristinato così (virtualmente) il saldo di conto corrente del de cuius al momento del decesso, si potrà dare seguito alla successione ereditaria: alla figlia spetterà sempre il 25% della disponibilità in conto corrente lasciata dal proprio genitore defunto, ma calcolata considerando anche il capitale nel tempo trasferito con bonifici al coniuge superstite. A questo punto si potrà anche procedere con compensazione sulla quota spettante al coniuge superstite dal saldo effettivo (quello al netto delle donazioni/bonifici nulli).


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