Ludmilla Karadzic

Credo che suo padre stia adottando una precisa strategia: infatti, se da una parte è vero che suo padre ha dieci anni di tempo (dal decesso del genitore – nonno di chi ci scrive) per prendere possesso del 50% dell’immobile è anche vero che il creditore può chiedere al giudice (ex articolo 481 del codice civile) di fissare un termine entro il quale il chiamato (il padre di chi ci scrive) deve sciogliere la riserva se accettare o rinunciare all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia fatto sciolto la riserva, il chiamato perde il diritto di accettare.

Ad analogo risultato si giunge se passano i dieci anni in assenza di intervento del creditore: suo padre perde il diritto di accettare l’eredità.

E credo sia proprio questo l’obiettivo del debitore: fare in modo che resti un solo erede, la madre (la nonna di chi ci scrive), che non ha debiti con lo Stato. L’ingranaggio si potrebbe inceppare solo con la morte della madre prima che decorrano i dieci anni dal decesso del padre (il nonno di chi ci scrive).

Se suo padre avesse esplicitamente rinunciato all’eredità in favore della propria figlia (lei che ci ha scritto), avrebbe corso seri rischi. Infatti l’articolo 524 del codice civile (impugnazione della rinuncia) prevede che se taluno rinunzia a un’eredità con danno dei suoi creditori, questi possono farsi autorizzare ad accettare l’eredità in nome e luogo del debitore rinunciante, al solo scopo di soddisfarsi sui beni ereditari fino alla concorrenza dei loro crediti.

Dunque una volta che suo padre perde il diritto ad accettare l’eredità e la madre (la nonna di chi scrive) diventa proprietaria dell’intero immobile, si potrà pensare di venderlo, evitando quindi di ricadere nella stessa situazione attuale al decesso della proprietaria.

Sia chiaro che, attualmente, suo padre non può accettare l’eredità e vendere la sua quota insieme alla madre, in quanto l’atto di alienazione sarebbe assoggettabile ad azione revocatoria ex articolo 2901 del codice civile, secondo il quale il creditore può domandare che siano dichiarati inefficaci nei suoi confronti gli atti di disposizione del patrimonio (l’atto di vendita del 50% dell’immobile, appunto) con i quali il debitore rechi pregiudizio alle sue ragioni.

Io credo che, forse, farebbe meglio ad affrontare la questione con suo padre il quale, molto probabilmente, non l’ha messa al corrente del suo disegno non immaginando che la figlia potesse già preoccuparsi di come salvaguardare ciò che potrebbe essere la propria eredità.

Le altre domande, a questo punto sono del tutto marginali: comunque, l’unica casa di proprietà del debitore dello Stato, in cui il debitore ha la propria residenza, se non di lusso (categorie catastali A/8 e A/9) non può essere espropriata, ma solo ipotecata (e l’ipoteca stessa può essere trascritta se, e solo se, il debito non è inferiore ai 20 mila euro).


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