Gennaro Andele

L’ipotesi della possibilità di notificare direttamente una cartella esattoriale per la tassa rifiuti non versata (Tari), era un problema assai discusso, poiché molti Comuni operavano con riscossione diretta, senza prima notificare un avviso di pagamento.

Sulla questione è intervenuta, fortunatamente, la Corte di Cassazione con una recente sentenza, per fare chiarezza.

Con la pronuncia 31842018, infatti, gli Ermellini hanno chiarito che il D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 72, comma 1, in tema di tassa sui rifiuti, consente ai Comuni di procedere direttamente alla liquidazione della tassa ed alla conseguente iscrizione a ruolo, senza necessità di adottare e notificare un avviso di accertamento, soltanto nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base dei ruoli dell’anno precedente, cioè sulla base di dati ed elementi già acquisiti, e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, in forza pertanto di una operazione puramente automatica.

Praticamente, detto in parole povere, in caso di omesso pagamento della tassa rifiuti non è necessaria alcuna attività di accertamento, che deve essere emanato solo in presenza di una dichiarazione omessa o infedele.

Per capirci meglio, quando il contribuente effettua la dichiarazione (e viene presa per buona) e poi non paga la tassa rifiuti, è possibile, per il Comune, passare direttamente all’iscrizione a ruolo del debito, senza notificare alcun avviso di accertamento.

Ma, in questo caso, non è possibile applicare la sanzione del 30%.

Al contrario, se il Comune intende contestare i dati forniti dal proprietario dell’immobile (ovvero quando si è in presenza di una dichiarazione omessa o infedele), il recupero dell’imposta sui rifiuti può avvenire solo previo accertamento, al fine di dare al contribuente la possibilità di difendersi e contestare la rideterminazione dell’immobile fatta dall’amministrazione.


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