Piero Ciottoli

Secondo l’articolo 2923 i contratti di locazione sottoscritti dal debitore che è stato sottoposto ad azione esecutiva sono opponibili all’acquirente se hanno data certa (da intendersi di registrazione presso Agenzia delle Entrate) anteriore al pignoramento, ed a meno che non sia prevista la risoluzione in caso di alienazione dell’immobile.

Dopo il pignoramento di un immobile che era stato già dato in locazione, il locatore-proprietario perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al conduttore il pagamento dei canoni sia ad accettarli, spettando tale legittimazione in via esclusiva al custode, fino al decreto di trasferimento del bene, per effetto del quale la proprietà del bene e dei frutti si trasferisce all’aggiudicatario (Cassazione 19323/2005).

Questo non vuol dire che fino al decreto di trasferimento della proprietà all’assegnatario (il nuovo proprietario non sussiste l’obbligo di pagare il canone: l’articolo 560 del codice di procedura civile dispone, infatti, che il custode provvede in ogni caso, previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione, all’amministrazione e alla gestione dell’immobile pignorato.

La sua situazione, tuttavia, non è lineare ed è gravida di rischi incombenti: la morosità pregressa (rispetto alla data del pignoramento) potrebbe costarle uno sfratto. Gli accordi verbali eventualmente intercorsi con il proprietario sottoposto ad azione esecutiva e, successivamente, con il custode, purtroppo non fanno testo ed il debitore espropriando potrebbe avere tutto l’interesse perché l’immobile venga messo all’asta senza vincoli contrattuali di locazione o con una procedura giudiziale di sfratto per morosità già in itinere.


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