Per rispondere alla sua domanda, va chiarito innanzitutto che, secondo la normativa italiana vigente, l’indennità di disoccupazione ha natura previdenziale: l’articolo 38 comma 2 della Costituzione dispone, infatti, che i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Dunque, va detto, conseguentemente, che l’articolo 545 del codice di procedura civile prevede, per le prestazioni di natura previdenziale, che le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà.
La parte eccedente tale ammontare è pignorabile, per crediti di natura ordinaria (banche, privati, finanziarie) nella misura del 20%.
Attualmente, l’importo dell’assegno sociale è pari a 448 euro: pertanto la sola parte dell’indennità di disoccupazione che eccede i 672 euro (importo dell’assegno sociale aumentato della metà) può essere pignorata nella misura di un quinto per crediti ordinari.
Di questa somma è pignorabile un quinto, ovvero 15,6 euro.
C’è da fare, però, un appunto.
Quanto detto vale per il pignoramento direttamente in capo all’inps: regole diverse valgono se la disoccupazione viene versata in banca.
Ad esempio, nel suo caso, su un conto di 1500 euro costituito dall’accredito di due mesi di Naspi si può pignorare la differenza tra 1.500 e 1344,21 euro.
Quindi è possibile pignorare solo 155,79 euro.
Nel caso dunque, di accredito di due mesi di Naspi (1500 euro), la somma pignorabile è di 300 euro.