Gennaro Andele

Quando un contribuente presenta un’istanza di autotutela, come nel suo caso, l’Amministrazione, la quale rileva che in un atto da essa emanato è contenuto un errore, in mancanza del quale lo stesso atto non sarebbe stato emanato o avrebbe assunto un contenuto diverso, ha la possibilità sospendere la cartella esattoriale.

La sospensione stoppa, temporaneamente, qualsiasi procedura di esecuzione forzata.

In seguito, però, bisogna ottenere lo sgravio (annullamento) o la revoca della cartella esattoriale.

Infatti se la cartella esattoriale, benché sospesa, non viene definitivamente annullata, cosa che può fare sia il giudice dietro ricorso dell’interessato, sia l’ente titolare del credito tramite sgravio, questa resta valida.

Anzi, se decorrono anche i termini per fare ricorso (ossia 60 giorni dalla notifica) la cartella diventa definitiva e non può più essere contestata.

Questo principio è stato anche recentemente richiamato dalla Corte di Cassazione, con la sentenza 28885/17.

I Supremi Giudici, infatti, hanno chiarito che dopo l’iscrizione a ruolo dell’imposta, l’ente titolare del credito, se c’è una richiesta di annullamento dell’atto presentato in via amministrativa dal contribuente, può decidere di sospendere la riscossione.

A tal fine dovrà emettere un provvedimento motivato da notificare all’agente della riscossione e al contribuente stesso.

Tale provvedimento sospende però solo l’efficacia esecutiva della cartella ma non ne pregiudica la validità.

In altri termini, finché la cartella esattoriale rimane sospesa l’esattore non può avviare un pignoramento, ma ciò non significa che la cartella viene definitivamente annullata.

Se lo sgravio non viene effettuato automaticamente, è onere del contribuente occuparsene.

Per cui, per rispondere alla sua domanda: ormai i tempi del ricorso sono vanificati e, non essendo stata annullata, dovrà pagare la cartella esattoriale.


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