Ornella De Bellis

Alla settima rata non pagata la banca può (non deve) risolvere il contratto e può (non deve) inviare al debitore la famigerata comunicazione di Decadenza del Beneficio del Termine, clausola contrattuale in base alla quale il mutuatario, per rimettersi in regola perde il beneficio della rateizzazione e deve corrispondere il capitale residuo in un’unica soluzione.

Dare dei tempi (3 mesi, un anno o cinque) per la durata della successiva procedura di espropriazione sarebbe un po’ come dare i numeri al lotto, dal momento che ciascuna situazione costituisce un caso a parte ed in gioco entrano gli elementi più disparati: la politica aziendale adottata dalla banca nei confronti dei mutuatari inadempienti, l’orientamento dettato dal presidente del Tribunale adito e/o territorialmente competente, la commerciabilità del bene espropriando con le eventuali vendite all’asta che vanno deserte, i cavilli giuridici ed i vizi di procedura che possono essere eccepiti dal legale che assiste il debitore sottoposto ad azione esecutiva.

Non per niente, nel 2016 le banche sono riuscite ad ottenere, grazie a Matteo Renzi, il recepimento nel nostro ordinamento del patto marciano: in sostanza, nei nuovi contratti di mutuo ipotecario è possibile stabilire che dopo la 18.ma rata non pagata, la banca diventa proprietaria dell’immobile ipotecato e può venderlo direttamente, senza passare per le aule di giustizia. Se il ricavato dalla vendita è maggiore del credito residuo, il surplus spetta al debitore. Se, invece, la banca ricava meno del credito vantato, il debito si estingue comunque.

Tornando a noi, per avere un’idea dell’iter cronologico delle procedura di espropriazione, può fare riferimento a questo articolo, a cui la rimando.


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